SAMMARONE:
"I 2 CUCCIOLI
UN AGO
NEL PAGLIAIO"

Sono passati tre giorni e ancora si cercano i cuccioli dell’orsa Amarena in un ambiente non facile: la zona orientale del Fucino, agricoltura, capannoni e campi di mais. Luoghi ideali per nascondersi, dove vagano due cuccioli di otto mesi spaventati e senza madre. Sono stati avvistati sempre di notte, ma i tentativi di cattura non sono mai riusciti. Il Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Luciano Sammarone, ci racconta queste ore in prima linea.

Direttore che succede? Scorre il tempo ma non riuscite a salvarli…

Succede che stiamo cercando, continuiamo a cercare, ma è come l’ago nel pagliaio. La buona notizia è che questi orsacchiotti sono più avanti di quanto pensiamo noi. Le segnalazioni ce li danno sì, com’era prevedibile, nel luogo dell’ ultimo contatto con la madre. Ma anche in zone più lontane, verso Aschi Alto (a 15 km da Gioia dei Marsi, ndr).

Si stanno spostando, non sono più a San Benedetto dei Marsi?

Si sono già spostati, da due giorni riceviamo segnalazioni sia da una parte che dall’altra. E naturalmente questo complica tutto, perché significa che l’area da controllare è ancora più grande.


(Il direttore del Pnalm, Luciano Sammarone)


Materialmente con quali mezzi li cercate? Si è scritto di droni, di fotocamere termiche…

Un drone con fotocamera termica è stato usato la prima sera, ma si è visto che non serve a nulla. Per varie ragioni. La prima è che a San Benedetto dei Marsi venerdì sera c’era tantissima gente. Solo dopo l’ordinanza del sindaco il numero di curiosi un po’ si è ridotto. La seconda ragione è che il drone rileva un segnale termico: ma qui alle dieci di sera sono caldi anche i sassi, esattamente come può essere calda la mia testa o la sua.

E dunque, fotocamera inutile.

La fotocamera termica si può usare alle quattro di mattina, quando il calore si è disperso e gli esseri a sangue caldo li vedi che battono, il resto no. In più, l’area è talmente vasta che veramente non sai dove andare a cercare. Quindi noi continueremo a monitorare la zona dove è successo il fattaccio, perché gli orsetti potrebbero tornare lì. Ma stiamo allargando il monitoraggio alle altre aree. Aspettiamo le segnalazioni. Abbiamo piazzato gabbie di cattura con dentro esche alimentari - galline morte - e olfattive. Se vanno lì, bene. Se invece arrivano a portata di rete, li prenderemo ugualmente. Del resto non si possono catturare con i metodi tradizionali (trappola a tubo, laccio di Aldrich o teleanestesia) perché bisogna cercare di ridurre lo stress, sono già spaventati. Lavoriamo secondo i protocolli approvati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e con il parere dell’ISPRA, con cui siamo in continuo contatto.


(foto di Dario Rapino)


Ma i  due orsetti sono insieme o separati?

Sono insieme, gli avvistamenti ce li davano ancora insieme fino a sabato sera. È vero però che talvolta ce ne segnalano uno, altre volte due; c’è chi ne vede prima uno poi un altro… Hanno dubbi anche quelli che sono costantemente sul territorio. Venerdì sera è successo un gran caos...

Sono da tre giorni senza la madre. Avranno mangiato?

Hanno mangiato, hanno mangiato. Sicuramente non sono rimasti a digiuno, altrimenti li avremmo trovati per strada. Stanno più avanti di noi, ripeto, e non vivono solo del latte della madre. Hanno otto mesi, più o meno.

Chi conduce le ricerche? Partecipano anche dei volontari?

Qualcuno si è offerto, ma… Si lavora con i visori notturni, per dire, e già questi sono strumenti che richiedono esperienza. La nostra squadra, quella preposta alla eventuale cattura, è composta di guardiaparco, biologi, veterinari del parco e ha il supporto anche dei carabinieri forestali. Altri carabinieri stanno presidiando la casa dello sparatore. I carabinieri servono e come, perché se devi fermare qualcuno o dire di non muoversi loro possono farlo, i guardiaparco non ne hanno il potere. E poi sì, ci sono stati volontari, a darci una mano. Ma esperti, non gente che si presenta così senza criterio, altrimenti fai più danno che guadagno.

Un passo indietro. Chi ha avvisato i guardiaparco dello sparo contro Amarena? Eravate già lì.

Sì. Noi e i carabinieri da un mese pattugliavamo tutta la Marsica, da Lecce a Ortona dei Marsi, da San Benedetto a Villavallelonga a Gioia. Sapevamo che l’orsa era lì con i cuccioli. E abbiamo colto la persona che ha sparato in flagranza di reato perché il 112 ha allertato la pattuglia in zona: pensavano di dover constatare dei danni e invece si sono trovati davanti a quella scena…


(foto di Marco Borgiani)


Che cosa pensa della violenza verbale e delle intimidazioni contro l’uomo che ha ammazzato Amarena?

Io sono e resto un garantista. Ho rifiutato di farmi intervistare davanti alla casa di quella persona perché secondo me i riflettori vanno spenti. I processi si fanno in tribunale, lì si accerteranno le responsabilità. Non va condannato nessuno né sui giornali né sugli altri media. Lui ha fatto una cosa bruttissima, ma bisogna spegnere il fuoco, anche per evitare che qualche testa calda arrivi a usare la violenza. Nello stesso tempo, non trovo nemmeno giusto dire – ne ho sentiti tanti su internet – ‘in fondo ha sparato per difendere la sua proprietà’. Questo proprio no, anche perché….

Anche perché?

Guardi, aspetto di sapere, quando ci sarà la necroscopia nei prossimi giorni, che tipo di munizione è stata usata per sparare a Amarena. Perché se si tratta di una munizione spezzata, a pallini per capirci, è un conto. Ma se è stata usata la palla unica, che è vietata per legge nella caccia, la paura non giustificherebbe più nulla. Ricordo che quando morì l’orso Stefano sulle Mainarde e si fece la necroscopia con radiografia si vide che aveva in corpo una serie di pallini, sia sulla faccia sia sul posteriore. Qualcuno gli aveva sparato per allontanarlo, con i colpi che si usano per le quaglie. Se esci col fucile caricato a sale gli dai una botta sul sedere o sulla spalla, all’orso brucia, e fugge. Se invece esci col colpo in canna a palla unica sei uscito per uccidere.

Qual è l’atteggiamento degli abitanti di San Benedetto? Vi aiutano? Sono arrabbiati col Parco?

A San Benedetto si comportano come tanti altri nel territorio. In tutto il parco e in grandissima parte dell’area contigua è diffuso un sentimento di accettazione della coabitazione con gli animali. Ma anche fra i sanbenedettesi ci sarà qualcuno a favore e qualcuno contrario. Certo questa è una battaglia culturale che va combattuta con convinzione, dentro il Parco come fuori. Pensi che a Civita d’Antino, che è a 50 chilometri dal Parco, c’è un orso che va in giro, mangia fichi e nocciole, e ci sono dei cristiani che ogni volta ci chiamano: abbiamo l’orso qui intorno. Nessuno però ha mai pensato di sparargli. Fuori o dentro il parco, quello che conta è la cultura del rispetto.


(foto di Dario Rapino)


Qualche ultima osservazione. Ha letto il post in cui Franco Tassi, ex direttore del Parco, critica la gestione di questi anni? Il titolo è: L’amara fine della dolce Amarena.

E questa è una constatazione.

Tassi contesta fra l’altro la soppressione della campagna alimentare e la fine dell’iniziativa mela-orso…

Al dottor Tassi bisognerebbe chiedere: parliamo dell’operazione ‘una mela per l’orso’. Quanti milioni avevate raccolto? Quante mele avevate effettivamente piantato? Che tipo di mele piantaste? Siccome avevate piantato un miliardo di mele, dovrebbero essere tutte sul territorio. Ma così non è, perché piantaste le renette della Val di Non, le Golden della val di Non. Questa è una domanda. L’altra domanda, sulla soppressione della campagna alimentare: non dovrebbe sfuggire al dottor Tassi che la campagna era stata fatta utilizzando carcasse non controllate dal punto di vista veterinario, che avevano determinato tutta un’altra serie di problemi. E si potrebbe continuare.

Ma lei pensa di non avere nulla da rimproverarsi nella gestione del Parco? C’è un pezzo di Servizio Pubblico di Michele Santoro a proposito di una indagine sull’uccisione di un orso marsicano, in cui si denunciavano i pollai abusivi.

Vogliamo parlare dei pollai? Quando partì il protocollo orsi confidenti - all’epoca ero il comandante forestale del parco – quel documento lo scrissi io con pochi altri. Venne approvato da Ispra e dal ministero dell’Ambiente. Adottato dal parco con una delibera, quindi diventato norma, è stato poi recepito dal parco della Maiella e dalla regione Abruzzo. Là dentro c’è scritto che la prima cosa da fare è mettere in sicurezza i pollai e le risorse alimentari. Quando cominciammo a fare, con i forestali dell’epoca, i guardiaparco, il censimento dei pollai rilevando quelli che erano a norma e quelli abusivi, ci fu una sorta di sommossa popolare. Vennero a dire al presidente, Peppe Rossi, e anche a me forestale: ‘Eh ma no, come si fa adesso ad abbattere tutto? Sono solo piccole strutture, strutture di sussistenza’. E quando l’orsa Gemma cominciò a fare Gemma, e scorrazzava predando nel Parco, si disse: facciamo una norma per definire un pollaio tipo. L’hai vista tu la norma? Sarebbe bastato che se ne occupasse un qualunque consiglio comunale, non era necessario scomodare la regione. Eppure non è stato mai fatto.

A proposito di Comuni e di sindaci. Il primo cittadino di san Benedetto ieri in un post ha scritto ‘mala tempora currunt’ e anche il seguito, cioè che se ne preparano di peggiori, e che ognuno sarà messo davanti alle sue responsabilità. Secondo lei a chi si riferiva?

Io col sindaco non ho mai parlato. Gli ho fatto chiedere di emettere l’ordinanza di tutela degli orsetti e l’ha fatto. Penso che si riferisca al clima d’odio, forse teme che qualcuno provi a rivalersi contro chi ha ucciso Amarena.

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