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Vita amara
di una ribelle


Una storia e la Storia
fra il fascismo e il dopoguerra

Una recensione di
ROBERTO ROSCANI

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Presentando al Tempio di Adriano la “sporca dozzina” dello Strega 2025, Melania Mazzucco ha annotato come i titoli “rispecchiano nell’insieme una pluralità di generi e generazioni. Ogni gamma della prosa contemporanea è rappresentata: romanzo, memoir, narrativa non-fiction, graphic novel, romanzo biografico, giallo, noir, thriller, distopico… Predomina il racconto dell’Io: la cosiddetta autofiction o l’autobiografia vera e propria che ricorre, coi suoi fasti e le sue miserie”. È vero e probabilmente è una tendenza che va avanti da qualche anno.


La ribelle
Vita straordinaria di Nada Parri

di Giorgio van Straten



Laterza editore
19 euro

Tra questi titoli ce n’è uno che non saprei davvero a quale di questi generi elencati possa appartenere esattamente. Parlo di “La ribelle” di Giorgio van Straten (edito da Laterza, pagine 240, prezzo di copertina 19 euro). Si tratta certamente di un “oggetto letterario”, per la qualità della scrittura, per il lavoro fatto attorno ai caratteri dei personaggi. Ma è anche la biografia di una persona realmente esistita (e neppure poi così lontana nel tempo), fatta ricorrendo alla memoria dei testimoni, dei familiari, ma anche ai documenti e alla ricerca storica, alla verifica dei fatti che la memoria tende a trasformare a sovrapporre nel tempo. Ed è anche una scoperta. Perché van Straten sceglie di raccontare la vicenda umana di Nada Parri, partigiana a vent’anni, ribelle contro le convenzioni e le regole? Lui racconta di essersi imbattuto casualmente in questo nome tra le righe di qualche saggio di storia. Una scoperta che lo ha travolto. Perché Nada è una donna “qualsiasi” con un carattere e una vita straordinari quanto sconosciuti e per qualche verso persino a lungo taciuti, per di più una “vita amara” come lei stessa la descriverà in una sorta di autobiografia molti e molti anni dopo.





La vicenda comincia con questa ragazzina diciassettenne di famiglia operaia, madre cattolica e chiusa, padre generoso ma incapace persino di abbracciare la figlia. Nada è sveglia e riesce a farsi mandare a scuola per fare la maestra: ogni giorno un viaggio in treno (e che treno) tra Empoli e Firenze. Proprio nell’età dei primi amori. Lei finirà per innamorarsi di un giovane pittore, scontroso e debole, che la sposerà portandola nella sua famiglia a Marina di Carrara per poi andarsene in guerra e “scomparire”, lasciandola non ancora ventenne con una figlia, Ambretta. La famiglia di lui la tratta come una serva, il fratello del marito, fascista convinto e volontario in Spagna, fa il ras, la suocera la umilia…

Nada finisce per innamorarsi, mentre è ai giardinetti con la sua bambina. Il fatto è che si innamora di un soldato tedesco in piena occupazione nazista. Diventano amanti. Nel libro van Straten non è sfiorato dal dubbio – perché conosce l’esito della vicenda – ma in quel momento questa strana coppia clandestina avrebbe fatto di Nada una “collaborazionista”, di quelle che finirono coi capelli rasati a zero dopo il 25 aprile. Ma no, Nada e Hermann sanno da che parte stare. Lui tra mille peripezie diserta e insieme a lei entra in una brigata partigiana. In questo strano pezzetto d’Italia – tra Bocca di Magra, la Versilia, Pontremoli e il passo della Cisa che sbuca dall’altra parte degli Appennini sula valle che domina Parma - sono avvenute alcune delle più feroci stragi nazifasciste (Sant’Anna di Stazzema è proprio a pochi chilometri da Monteggiori dove Nada e la sua Ambretta erano finite sfollate dalla città colpita dai bombardamenti alleati). È qui, tra brigate “azzurre” come la Stella a cui per prima cosa aderiscono Nada ed Hermann, e poi la brigata Garibaldi Beretta in cui si trasferiscono via via che il fronte si sposta verso nord, che si svolge la Resistenza, che culmina con la liberazione di Parma da parte dei partigiani e delle truppe brasiliane. Nada è tra le (poche) donne combattenti, in divisa e con lo Sten al collo. Neppure ai comunisti piaceva che le donne fossero in armi, ma lei riuscì ad ottenerlo e ad avere il sostegno dei suoi compagni.


(Scene dalla Liberazione)



Questo strano impasto di storia piccola e grande, di amore e di impegno politico, di dolori personali e di voglia di cambiare il mondo è il timbro reale di “La ribelle”, almeno fino a questo punto della vicenda. Dopo, dopo verrà la “Vita amara”. Una coppia così “strana” non sembra accettata da nessuno o quasi. Dei tedeschi che avevano disertato per sincero antinazismo non si occupa nessuno. Le autorità non daranno ad Hermann mai un lasciapassare, un passaporto, un documento per poter rimanere in Italia. Per loro (al pari dei prigionieri tedeschi che invece non si erano mai ribellati a Hitler) ci sono i campi di prigionia in attesa di un ritorno in Germania che non sarà affatto facile. Per Nada, che è diventata di nuovo madre, ci sarà solo un destino di separazioni. Prima il marito tornato dalla prigionia si riprenderà Ambretta, poi Hermann dovrà andarsene e non farà più ritorno. L’amore, il coraggio dimostrato nella Resistenza, non serviranno a nulla.

Giorgio van Straten ha impiegato molto tempo per ricostruire una storia che è piena di delusioni e di sconfitte, ma insieme di ribellione e resistenza. Ha parlato con le due figlie di Nada, con gli storici che se ne erano occupati prima, anche con il professore di un bel corso di “scrittura autobiografica” (un lascito dell’Archivio dei Diari, fondato a Pieve Santo Stefano da Saverio Tutino, giornalista e comunista) che Nada aveva frequentato e di cui il suo volume “La vita amara” era stato una sorta di saggio finale. In quel libro per la prima volta Nada riparla di Hermann che non ha più visto dal 1947 e che dopo dieci anni di lettere disperata ha “lasciato andare”, parla molto di politica. Questa donna aveva passato una vita nel Pci e la fine del suo partito l’aveva vissuta come una ferita. Nel suo libro – annota van Straten – Nada non parla mai del suo nuovo marito, un comunista, fino a svelare in una carta lasciata tra vecchie lettere e documenti che in fondo non si erano mai amati.


(Sant'Anna di Stazzema prima della strage)



Ecco, credo che questa attenzione ai documenti, alla Storia insieme alla passione dell’autore per raccontare una storia rappresenti in qualche modo il cuore e la novità di questo libro. Una biografia e un romanzo, ma né un romanzo biografico e neppure una biografia romanzata. Una ricostruzione fedele e accurata ma non un saggio. Una presenza della voce dell’autore (che ad esempio si chiede e prova a rispondere alla domanda: perché raccontare la vita di Nada Parri, perché questa vicenda tocca lui come una generazione che alla politica ha creduto anche con qualche ingenuità?) che non è invadente ma non si nasconde.

Una strada particolare e difficile per fare letteratura. Un libro riuscito, che mi sembra il contrario di quella che chiamiamo “autofiction”, ovvero i romanzi costruiti letterariamente attorno alle vicende e ai sentimenti di chi li scrive. Aspettiamo, da Giorgio van Straten ma anche da altri autori, di vedere dove questa strada ci porterà.




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