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LA TRACCIA DI ODISSEO /
LA DIMORA DI ADE





di ANGELO MASCOLO

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ustica
Termini Imerese

«Quando sarai passato attraverso l’Oceano, là dove c’è una costa bassa e ci sono i boschi di Persefone, alti pioppi e sterili salici, tu fa approdare la nave, proprio in riva all’Oceano dai vortici profondi e vai alla casa di Ade per consultare l’anima del tebano Tiresia. Essa è squallida e muffosa […] C’è qui una rupe e l’incontro dei due fiumi fragorosi. Accostandoti là vicino […] scava una fossa, […] versaci una libagione a tutti i morti […] e sacrifica loro un montone ed una pecora nera, rivolgendoli con la testa verso l’Erebo».

Sono queste le parole che la maga Circe rivolge ad Ulisse prima di farlo partire dalla sua isola da localizzare, alla luce di precise indicazioni geografiche, nei pressi dell’isola di Ustica.

Tuttavia questa profezia, che occupa la parte centrale del libro X dell’Odissea, si presta a diversi significati e per questo necessita di un’attenzione particolare.

La prima cosa che colpisce noi lettori moderni è il fatto che Omero usi, a proposito del regno dei morti, il termine Oceano in rapporto allo spazio geografico circostante l’Oltretomba. Singolare perché Oceano è per noi essenzialmente un mare al di fuori del mediterraneo. Per un momento però mettiamoci negli occhi di Omero, un greco di età arcaica, figlio di un’epoca in cui il mondo greco stava iniziando quella meravigliosa esplorazione dell’Ovest che avrebbe portato poi alla formazione della Magna Grecia.
In quest’ottica, tutto quello che si trovava a Ovest della Grecia rappresentava il «mare agli estremi confini della terra», così come nell’Ellade era definito l’Oceano, e siccome la Sicilia rappresentava l’ultima terra conosciuta in Occidente, il mare al di là di essa era definito già Oceano.

Fiume Imera settentrionale

Questa premessa è particolarmente importante perché Omero affida alla maga Circe queste parole:

«la nave te la porterà (presso l’Ade) il soffio di Borea»

e con questo vento favorevole che spira da nord Ulisse giunge presso «il popolo e la città dei Cimmeri». Ora, fissando in Ustica il punto di partenza di Ulisse un viaggio nella direzione nord-sud indicata per questo tratto in qualunque caso porta alla costa settentrionale della Sicilia.
Curioso, contrariamente a quello che si può pensare, che Omero distingua tra «Ade», dove nessuno è mai approdato con nessuna nave, e «la casa di Ade» ovvero le «dimore di Ade e Persefone», dove invece Ulisse effettivamente si recò. Quindi con l’Ade, stando al racconto del poeta, vanno intesi semplicemente gli Inferi preclusi ai mortali mentre con la «casa di Ade» un tempio o un luogo di culto».

Sito archeologico di Himera

Mettendo insieme questi pezzi (rotta nord/sud da Ustica, la terra dei Cimmeri presso la quale sorgeva un tempio/luogo di culto eretto per Ade e Persefone e l’indicazione geografica secondo cui la terra cimmeria si trova alla confluenza di due fiumi) dov’è possibile collocare questa tappa del viaggio di Ulisse?

Questi dati, riferiti alla costa settentrionale della Sicilia, forniscono una soluzione quasi univoca: infatti se noi cerchiamo lungo queste coste prevalentemente a picco una spiaggia e la foce di due fiumi giungiamo inevitabilmente ad Imèra. Proprio qui, infatti, il Fiume Grande e il Fiume Torto sfociano in un lido pianeggiante formato dagli stessi depositi fluviali. Proprio sullo sperone roccioso formatosi sulle due foci i greci eressero la meravigliosa colonia di Himera nell’anno 649/648 a.C. Ed è assai stimolante che sul piano fonetico il nome di questa colonia componga una suggestiva assonanza con gli uomini Cimmeri menzionati da Omero.
Ancor più significativa è la circostanza secondo cui il toponimo Imera (o Himera) risulti collegato anche ai due fiumi che caratterizzano la vallata che ospita la colonia: l’Imera settentrionale e quello meridionale. Appare probabile a questo punto che il paese dei Cimmeri si trovasse nel bacino dei due Imera e che allo stesso tempo abbia rappresentato, nelle intenzioni del poeta, una proiezione in chiave poetica della fondazione coloniale coeva proprio agli anni in cui avveniva la stesura dell’Odissea.

grotta azzurra
Tempio celebrativo di Imera

Se a questa circostanza aggiungiamo che nella città di Imera, dominata da un imponente tempio dorico eretto per celebrare la vittoria dei Greci sui Cartaginesi ottenuta nel 480 a.C., veniva battuta moneta fin dalle origini recante il simbolo del gallo (associato in altre città magnogreche alla dea Persefone) il quadro risulta completo.

A questo punto sussistono sufficienti elementi per fornire la seguente ricostruzione al racconto di Omero.
Dopo la profezia di Circe, Ulisse seguendo la rotta nord-sud approda in un punto della costa settentrionale della Sicilia da identificare senza dubbio con il distretto occupato in antichità dalla colonia di Himera. Qui, applicando alla lettera le disposizioni della maga, sacrifica un montone e un capro presso un tempio dedicato proprio a Persefone, nume tutelare della città.
Proprio in questo luogo, all’ingresso del santuario, Odisseo incontra dopo le libagioni prima Tiresia che gli indica la strada del ritorno, poi la madre e successivamente i compagni d’arme caduti.

Fiume Imera meridionale

Quest’episodio dell’Odissea, dunque, sembra collocarsi in un punto molto diverso della Sicilia che abbiamo incontrato sinora. Non ci troviamo infatti sulle coste assolate e mozzafiato del trapanese. Al contrario nel cuore più profondo della Trinacria settentrionale, solcato da fiumi impetuosi e da una natura selvaggia con boschi impenetrabili e monti che raggiungono i mille metri di altezza. Un angolo di Sicilia abitato dai Cimmeri per la cui terra Omero parla di «grandi pioppi e salici i cui frutti periscono». Uno scenario desolante che con difficoltà associamo alla Sicilia. Eppure, è poco noto, ma è proprio quest’isola ad ospitare le zolfare più importanti d’Europa. La concentrazione più ampia di questi siti si trova nei pressi di Caltanissetta. Interessante inoltre registrare che lo zolfo estratto venisse trasportato dall’entroterra verso la costa utilizzando una serie di stazioni che sorgevano proprio presso l’Imera meridionale, ovvero nella terra cimmeria di omerica memoria. Perché questo riferimento è così importante?
Perché è probabile che i vapori prodotti dalla roccia solfurea, con lo zolfo che arrivava alla confluenza dell’Imera, abbia offerto ad Omero l’ispirazione per definire i Cimmeri:

«sempre avvolti di caligine (vapore) e nubi. E mai il Sole splendendo li guarda dall’alto con i suoi raggi, né quando sale in cielo né quando di nuovo si volge verso terra».

kirke arula louvre
Zolfara di Montedoro

La grandezza di questi versi omerici risiede, a mio avviso, in due punti. In primo luogo il poeta è riuscito a creare un’atmosfera coerente con il racconto dell’Oltretomba. E quindi un paesaggio tetro, dominato da vapori ed esalazioni mortifere, dove ogni albero o frutto perisce (pioppi e salici); in secondo luogo la collocazione dei Cimmeri in una terra condannata all’oscurità permanente, a causa della prossimità alle cave di roccia sulfurea, anticipa di secoli quelle testimonianze uniche e tremende degli scrittori veristi siciliani dell’800 che proprio partendo da solfatare e zolfare denunciarono lo sfruttamento e la miseria della popolazione siciliana all’indomani dell’Unità d’Italia.




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