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MANODOPERA
STORIA
MIGRANTE
IN PLASTILINA

di MASSIMO CECCONI

 

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Il titolo originale suona decisamente più drammatico, “Interdit aux chiens et aux italiens” (Vietato ai cani e agli italiani), motto che molto spesso compariva sulla porta dei locali pubblici in Francia e in altri paesi europei per gran parte del XX secolo.

“Manodopera” racconta senza giri di parole la condizione degli immigrati italiani nei primi anni del ‘900.



Per farlo, l’autore Alain Ughetto utilizza la tecnica della stop-motion, animando pupazzi in plastilina che conferiscono al racconto non solo un sapore narrativo poetico con richiamo all’infanzia ma soprattutto un efficace effetto di straniamento in un contesto complesso dove le piccole storie incontrano la Storia con la esse maiuscola.

La vicenda prende avvio nei primissimi anni del ‘900 in una località chiamata Ughettera, nei pressi del Monviso e non molto distante da Torino, dove quasi tutti gli abitanti fanno di cognome Ughetto.



Storia di famiglia dunque, che parte dal profondo Piemonte di anni in cui il lavoro e la fatica umana vanno in parallelo con la povertà e l’indigenza.

Per aiutare la famiglia il giovane Luigi Ughetto, in compagnia di due fratelli ancor più giovani di lui, emigra prima in Svizzera e poi in Francia in cerca di lavoro.

In Francia soprattutto la manodopera offerta dai “macaroni” è accettata perché necessaria ma certamente non vista bene. Luigi Ughetto sposa Cesira, una connazionale emigrata, e impatta ben presto con la Storia per via della guerra di Libia (“Tripoli bel suol d’amore…”) che lo coinvolge anche emotivamente per la morte di un fratello e subito dopo per la Prima guerra mondiale, dove perde anche l’altro fratello e dove prende coscienza di essere solo carne da macello.



A Luigi Ughetto, e a quelli come lui, non resta che riprendere la via dell’emigrazione, giusto quando in Italia si verifica l’avvento del Fascismo che, tra le altre nefandezze perpetrate, nega l’evidente necessità di immigrare per sottrarsi alla povertà estrema e all’iniquità del regime.

Con tutto ciò la vita in Francia è dura e quando Luigi e i suoi figli leggono all’ingresso di un albergo la scritta “Interdit aux chiens et aux italiens” l’uomo spiega ai suoi figli, con un colpo di genio, che i padroni dell’albergo hanno paura che i cani mordano gli italiani.



La durezza del lavoro e della vita dell’emigrato va di pari passo con una momentanea serenità che porta la famiglia ad acquistare un appezzamento di terreno ribattezzato “Paradiso”, ma poi la Storia grande entra ancora violentemente nelle piccole storie con la tragedia della Seconda guerra mondiale. Ormai gli Ughetto però sono naturalizzati francesi, parlano quella lingua, appartengono a quella comunità, partecipano alla Resistenza ed esultano al passaggio del Tour de France.



Va da sé che “de te fabula narratur”, quando erano gli italiani a emigrare per necessità non solo economica, quando erano i nostri connazionali a dover subire ingiurie e sopraffazioni di ogni natura per potersi creare un futuro ancorché misero.

Con spiazzante semplicità Alain Ughetto, ultimo erede di quel dramma umano e sociale, ricostruisce minuziosamente la storia della sua famiglia e restituisce con le sue figurine di plastilina tutti i valori delle piccole storie e i disvalori della Storia con la esse maiuscola. Ci fosse altro clima dalle nostre parti, “Manodopera” sarebbe da proiettare per legge in tutte le scuole di ogni ordine e grado.



Le musiche di Nicola Piovani sottolineano senza enfasi una vicenda di per sé universale.






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