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AS BESTAS
STRANIERI
NELLA GALIZIA
DELLE DISCORDIE

di ANDREA ALOI

Due uomini robusti e un fiero cavallo brado. Gli si aggrappano al collo, provano a schienarlo, è un viluppo di muscoli, occhi, tendini degno del Laocoonte. Primissimo piano sulle froge che si dilatano cercando aria. È il potente, emozionante ralenti di un minuto che fa da incipit ad “As bestas-La terra della discordia” del quarantaduenne madrileno Rodrigo Sorogoyen, un thriller/dramma da collocare assolutamente sul podio dei film di stagione. Girato in alta Galizia, nord-ovest estremo della penisola iberica, trascina lo spettatore nello sprofondo di sentimenti ultimativi, lì dove la ragione si spegne e si mostrano tutti i nodi dell’umano legno storto.



Gli Ercoli alle prese col cavallo sono, secondo l’ispano-portoghese parlato nella comunità autonoma gallega, aloitadores, lottatori impegnati nella rapa das bestas, antico rito di forza virile molto sentito ancora oggi da quelle parti: a mani nude bloccano i cavalli selvaggi, che vengono sverminati, curati se del caso, rasati di coda e criniera, alcuni vengono domati, la più parte torna libera. La Galizia è “un’altra cosa”, come i Paesi Baschi, un mondo ancora più a parte nelle zone montagnose, spopolate, povere. Agricoltura e xenofobia, allevamento e isolazionismo un po’ orgoglioso, un po’ dolorante.



Antoine (Denis Ménochet) è arrivato dalla Francia, sedotto, come la moglie Olga (Marina Foïs), da una plaga punteggiata di casali in disarmo, orizzonti sublimi, boschi, una terra che contraccambia il sudore donando buoni frutti. Fanno gli agricoltori sul serio, vendono al mercato la loro verdura, non sono fichetti “bobo” (bourgeois-bohème) in fuga dalla città. In Galizia hanno trovato nuove solidali amicizie e spalancato la riserva d’odio di Xan (Luis Zahera), cinquant’anni, un bruto al quadrato intossicato da malvagia sottigliezza, “senza una donna da sempre, povero, puzzo di merda” così si auto-presenta. Vive governando vacche col fratello minore Lorenzo (Diego Anido), psichicamente disabile dopo un incidente, e una madre decisamente castrante. Xan ha in uggia Antoine - lo chiama dispregiativamente “il francesino” - perchè ha indotto alcuni abitanti del villaggio a votare contro l’installazione di pale eoliche in cambio di bei soldini e tutto è fermo. L’ecologista Antoine vorrebbe restaurare alcune vecchie case, richiamare turisti, ripopolare la zona. La terra non si svende.



Al sordido bar del paese Xan provoca ai limiti dell’insulto, va di notte col fratello a casa di Antoine per spiarlo e mettergli pressione, gli sputa addosso, arriva ad avvelenargli il pozzo dell’acqua con due batterie per auto. Il piombo fa marcire tutto il raccolto di pomodori, un danno micidiale per Antoine che si rivolge alla Guardia Civil, ma ottiene tiepida attenzione e così decide di munirsi di una videocamera, pensa di inchiodare Xan documentandone le angherie, mentre ottiene solo il risultato di incattivirlo.



La tensione si travasa dallo schermo alla platea, con regia asciutta Sorogoyen ti prende per il bavero come sanno fare i grandi e detta le regole del gioco: ogni ombra profuma di pericolo, la deriva violenta di Xan e Lorenzo inquieta Olga e la spinge ad ammorbidire la cocciutaggine del compagno. Non sarebbe meglio andarsene da lì? Antoine invita allora Xan davanti a una bottiglia di vino, si dice disposto a sparire purché venga risarcito del danno patito coi pomodori, solo così avrà sufficiente denaro per ripartire altrove. Il truce con la urbanità che gli è abituale risponde: “Tu devi solo levarti dai coglioni”.

Il duro show-down tra Antoine e Xan - scritto dal regista con Isabel Peña, sua abituale collaboratrice - è uno dei momenti cruciali del film, ne segna la svolta e conduce a una seconda parte di “As bestas” dove Olga diventa protagonista, insieme alla figlia Marie Denis (Marie Colomb), giunta lassù a spalleggiarla. E si accenderà tra le due donne un altro spesso dialogo, sull’amore, i risentimenti antichi, le nuove consapevolezze di entrambe.



Trattandosi di thriller, è obbligatorio tacere gli sviluppi dell’aspra vicenda, magistralmente resa da Sorogoyen, artista della visione perfetto per sanare qualsiasi diatriba tra cinema di genere e cinema autoriale. “As bestas” è il frutto maturo di un lavoro d’autore applicato a un genere che il regista trova congeniale, per non dire della tecnica fine nell’uso dei piani sequenza e della macchina a mano (vedi un altro pazzesco viluppo alla Laocoonte con interpreti solo umani), qualità già esibite in “Il regno” (2018, un politico inappuntabile ma solo in apparenza, con sordidezze varie) e “Che Dio ci perdoni” (2016), poliziesco “antropologico” con due ispettori a caccia di un assassino stupratore di anziane a Madrid, città attraversata dai cortei degli indignados contro povertà crescente e strapotere finanziario e in attesa della visita di papa Benedetto XVI. Un’indagine dai mille inceppi che rimanda a “Memorie di un assassino” di Bong Joon-ho.



A cercare parentele cinematografiche per “As bestas”, si pensa subito a “Il vento fa il suo giro” di Giorgio Diritti (2005), protagonista Philippe, pastore francese approdato in Val Maira con la famiglia ed espulso come corpo estraneo dalla comunità, una storia di incomunicabilità sociale e meschinità. E come Antoine e Olga vengono da fuori, “innocenti” civilizzati in un territorio tabù di atrocità primordiali, il gruppo di amici canoisti di “Un tranquillo weekend di paura” (John Boorman, 1972) e il professor David Summer-Dustin Hoffman di “Cane di paglia” (Sam Peckinpah, 1971), due film che sono invecchiati bene.



Sorogoyen per “As bestas” ha arruolato il galiziano Luis Zahera, uno dei suoi attori più assidui, qui assolutamente fenomenale nel rendere un implacabile, odioso villain e sta ai suoi livelli il mite corpulento Denis Ménochet (era il violento padre e marito disfunzionale in “L’affido-Una storia di violenza” di Xavier Legrand). Ma il cast intero è senza pecche e contribuiscono egregiamente la fotografia al naturale di Alex de Pablo e le musiche tecno-cupe di Olivier Arson. Il film, di produzione franco-spagnola, è ispirato a una storia vera accaduta nel 2010 in Galizia a Santoalla, nel comune di Petin, persecutori i fratelli Julio e Juan Carlos Rodríguez, perseguitati Martin Verfondern e Margo Pool, una coppia olandese. “As bestas” ha vinto nove premi Goya, distribuisce in Italia Movies Inspired. Non perdetelo.

 

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