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I PIONIERI
PICCOLI E ROSSI
IN FUGA
DALLA POLITICA

di MASSIMO CECCONI

Il balzo nel passato ci riporta al giugno del 1990 quando il Partito Comunista Italiano sta vivendo gli ultimi giorni della sua esistenza. Nella Sicilia di quell’anno, dalle parti di Ragusa, si sviluppa la favola bella di Enrico (indovinate perché si chiama così?), figlio di un funzionario integerrimo del PCI, impegnato in una personale battaglia per diventare segretario regionale del Partito.

Per evitare di seguire il padre in un noiosissimo tour nelle sezioni dell’isola, il giovane Enrico, che più che essere comunista si sente perseguitato dal Partito Comunista, scappa di casa con l’aiuto di Renato, un coetaneo che, lui sì, grazie agli insegnamenti della famiglia nel Partito crede ciecamente, al punto di conservare copie della rivista per ragazzi Il Pioniere (che fu diretta anche da Gianni Rodari) che, negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, divertiva educando i giovani figli dei comunisti.



Enrico, sanissimo preadolescente, è stufo di non poter avere scarpe di marca, bere coca-cola, vedere film spettacolari come “Rambo” o giocare a Nintendo, per le posizioni politiche della famiglia. Gli piacerebbe tanto insomma essere normale tra persone normali.La fuga di casa riesce con la complicità di un bullo, figlio di un esponente locale dell’estrema destra, che aggiunge tutta la sua simpatica volgarità alle velleità antimperialiste dei due amici.



Seguendo le istruzioni del Pioniere, i tre improvvisano un campeggio nel bel mezzo di un bosco, con tanto di bandiera rossa a svettare sopra le tende. Nel percorso si imbattono in una ragazzina della loro età che, a sua volta, è fuggita da un campeggio organizzato dai dipendenti USA della vicina base militare di Cosimo. Malgrado ognuno dei quattro abbia motivazioni decisamente diverse per starsene lontano dalla propria famiglia, scatta una naturale solidarietà che li spinge ad affrontare prove e difficoltà varie, affettuosità comprese.

Nell’avventura si segnala, evocata dalla coscienza di Enrico, la garbata apparizione di Berlinguer che, con ironica sagacia, dispensa insegnamenti di vita al suo giovane interlocutore. In parallelo, il racconto segue le vicende dei genitori dei pargoli impegnati nel comprendere cosa sia successo ai propri figli e, soprattutto, perché è successo.



Con qualche comprensibile ingenuità “I Pionieri” è un film delicato e divertente che, volutamente, sfiora appena grandi questioni politiche e sociali, per concentrarsi nel racconto di una stagione irripetibile in cui sembrava che tutto potesse accadere o che nulla sarebbe accaduto. La bandiera rossa con falce e martello, che per un attimo sventola sulla torretta della base aerea di Comiso, è un commosso omaggio a tutti coloro che hanno creduto di poter cambiare il mondo, senza accorgersi che il mondo li stava già cambiando.



Opera prima di Luca Scivoletto, sceneggiatore e documentarista, il film prende le mossa da una narrazione ampiamente autobiografica. Film di formazione, ambientato in una delle regioni italiane che meglio si prestano al contrasto e alla contraddizione, richiama altre opere che hanno messo al centro del loro racconto un’infanzia felicemente problematica. Il pensiero va naturalmente a “Moonrise Kingdom- Una fuga d’amore” (2012) di Wes Anderson, quanto meno in tema di campeggio con relativi risvolti romantici. Più in argomento specifico, invece, sia “Cosmonauta” (2009) di Susanna Nicchiarelli sia “Non tutti hanno avuto la fortuna di aver avuto i genitori comunisti” (1993) di Jean-Jacques Zilbermann.



Eccellente il cast “siciliano”. Oltre i quattro ragazzi protagonisti, adeguata prova di Peppino Mazzotta, Lorenza Indovina, Maurizio Bologna e Roberto Nobile, qui alla sua ultima interpretazione. Misurato ed efficace il ruolo “fantasmagorico” di Claudio Bigagli nella parte di Enrico Berlinguer, a cui è dedicata l’ultima malinconica scena del film.

 

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