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EDUCAZIONE
FISICA
DRAMMI
DI FAMIGLIA
CON PALESTRA

di ANDREA ALOI

“Educazione fisica”, opera seconda di Stefano Cipani dopo il fortunato e premiato “Mio fratello rincorre i dinosauri” (2019) dal romanzo di Giacomo Mazzariol, spreme dalla pièce teatrale “La palestra" di Giorgio Scianna tutti i pessimi umori di una quadriglia di genitori messi davanti alle malefatte dei figli dodicenni e alla ineluttabilità di un castigo. In tre hanno violentato una compagna di classe e, non contenti, irresponsabili, irriflessivi come sanno esserlo i ragazzini di quell’età, si sono indecentemente ripetuti.



La preside e madre di due gemelli Diana Peruggia (Giovanna Mezzogiorno, poncho verde e aria devastata) ha pensato bene (insomma…), prima di avvertire la polizia, come era tenuta a fare essendo pubblica ufficiale, di convocare nel tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi pronto a tingersi di nero i genitori del branco. Sono Franco (Claudio Santamaria), immobiliarista abbastanza tronfietto, Carmen (Raffaella Rea), madre separata e nevrile di uno dei tre misfattisti e amante di Franco e la mesta coppia Rossella (Angela Finocchiaro) e Aldo (Sergio Rubini), lei casalinga, lui infermiere, genitori adottivi del terzo ragazzo.

La scena: una palestra cadente, buia, polverosa, cadente in senso non solo figurato. In cortile i figlioli, mai inquadrati direttamente, giocano tirando pallonate spaventose, sono ombre vaghe. Lì hanno portato la ragazza, tirandola per i capelli. Orribili momenti di mala-educazione fisica. Per loro la violenza di gruppo è già passata in archivio o rimossa. Per i quattro genitori, resi edotti dalla preside, inizia un Golgota di stupore e incredulità, che trascolorano in rabbia, illazioni penose (”quella ragazzina è anche andata a letto con uno più grande a una festa ed era strafatta”, ergo: una poco di buono), tentativi di convincere la massima responsabile della scuola prima a mostrare indulgenza poi ad accettare del denaro, tanto denaro in cambio della famosa pietra sopra.

Franco si distingue nel far pesare la sua florida condizione economica, tiene i dané ed è portato a pensare, da maschio alfa di un’epoca in cui il denaro in abbondanza è l’unico paradigma vincente e i figli so' piezz' 'e core sempre e contro ogni logica, che corrompere una preside per mettere tutto a tacere non sia un illecito disgustoso compiuto sulla pelle di una poco più che adolescente rimasta scioccata, ma un modo “adulto” e ragionevole di uscire da un grosso casino senza farsi male e pagare un pedaggio. Carmen dà retta a Franco, Rossella e Aldo hanno una bussola etica più funzionante e rimangono annichiliti, poi, stretti nell’angolo dalla irremovibile preside, assai disgustata dall’idea che una giovane vittima si trasformi - in virtù di una torsione della realtà non meno violenta dello stupro stesso, in colpevole - lasciano germinare, in un crescendo inquietante, paura e aggressività.

L’idea del film, ha raccontato il regista, è nata durante il lockdown e di claustrofobia se ne avverte, il camerone della palestra, incongruo e però suggestivo tribunale dove vanno alla sbarra debolezze e meschinità insieme al conflitto che ben conosciamo tra genitori concessivi e ineducati da un lato e istituzione scolastica dall’altro, sembra diventare sempre più piccolo, stringe i genitori in angoscia per gli scellerati figlioli. Nessuna via di fuga, ne possono addirittura vedere le gesta filmate allo smartphone e sono otto occhi sgranati, piangenti in primissimo piano. Un’immagine forte.

“Educazione fisica” è stato sceneggiato da Damiano e Fabio D’Innocenzo (gli enfant prodige della “Terra dell’abbastanza” e di “Favolacce”, su “America Latina”, ultima loro regia, meglio stendere un velo pietoso), tra diversi commenti lusinghieri, hanno dovuto registrare pure critiche e accuse, la principale di inverosimiglianza: perché mai la preside si è prestata a un gioco al massacro in una sede così bizzarra? E certe battute di Franco che virano sull’ironico sono parse fuori contesto, al pari di alcune sue uscite troppo “scritte”, lontane da un credibile parlato in toni concitati o dolenti. Vero. Ma la storia scorre e nell’ultima mezz’ora la suspense cresce, il finale è ben incardinato.

A proposito di suspence, cos’è “Educazione fisica”? Un giallo della camera chiusa? Una commedia intinta nel nero? È, fondamentalmente, un’ora e mezzo di teatro portata al cinema, con tutti i rischi del caso, e guidata con mano sicura da Stefano Cipani, lodevolmente assistito dalla fotografia “sporca” di Fabio Cianchetti e dal montaggio di Jacopo Quadri. Messo da parte il debole “I nostri ragazzi” (2014) di Ivano De Matteo, obbligatorio il raffronto con “Carnage”(2011) di Roman Polanski, da “Il dio del massacro” di Jasmine Reza, due coppie, una intellò e una più pop, a scarnificarsi dopo una rissa tra i rispettivi ragazzi. Mismatch evidente, che forse ha indotto alcuni ad alzare il cursore delle critiche.

Detto che scelte più cinematografiche avrebbero potuto giovare (esterni, una “incursione” dei ragazzi ), alle somme resta una domanda: “Educazione fisica” funziona? Funziona e non è impossibile immaginare che la risposta del pubblico sarà positiva. Grazie anche alle prove del quartetto (Giovanna Mezzogiorno, francamente, non è commentabile), con Sergio Rubini su tutti. I personaggi “montano” e, teatralmente, non demeritano malgrado un surplus di incandescenza emotiva nella Rossella di Angela Finocchiaro. Ha prodotto Paco Cinematografica con Rai Cinema e la polacca Agresywna Banda, in collaborazione con Cinecittà. Uscita in 259 sale grazie a 01 Distribution.



 

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