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NINJABABY
ALLEGRIA INDIE
CON GRAVIDANZA
E MASCHERE

di ANDREA ALOI

 

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Dopo l’inafferrabile, “liquida” Julie di “La persona peggiore del mondo”, arriva dalla Norvegia un’altra indomabile ragazza, Rakel, protagonista del godurioso “Ninjababy”, non meno fiera e chirurgica nel difendere le sue confusioni, i suoi amori altalenanti, il suo piacere. Due sorelle, si potrebbe dire, in naturale divergenza dagli stereotipi di donna ben cogenti e ancora fissi pur nella evoluta Oslo d’oggi. Julie (nel film di Joachim Trier uscito l’anno scorso, è interpretata dalla premiatissima Renate Reinsve) è la maggiore, ma solo per l’età, trent’anni, indecisa tra studi di medicina e psicologia, senza pentimenti eccessivi, capace di tagliare i ponti col fumettista Aksel, l’amore più solido nel suo palmarès e di prendersi tutto il tempo necessario per indovinare la sua strada nella fotografia. La “persona peggiore del mondo” non è un’anaffettiva egoista, è “solo” libera, difende, tra dolori e ripensamenti, il suo assalto al cielo, che non comprende una situazione di coppia stabile.



La sorella minore, Rakel - chi vedrà il film di Yingvild Sve Fikke ne sarà conquistato - ha 23 anni, disordinata compulsiva, ha aspirazioni indefinite e ballerine tra diventare astronauta, assaggiatrice di birra, guardia forestale e fumettista. Nota bene: odia gli Abba. La trentenne Kristine Thorp l’anima con grazia, energia, convinto turpiloquio e forti accenti di “verità”, complice perfetta nel team creativo di una delle commedie più ingegnose e sapide degli ultimi anni, dalla regista allo sceneggiatore Johan Fasting alla graphic novelist Inga Sætre, autrice di "Fallteknikk", ovvero “Tecnica di caduta”, libro che ha dato spunto a “Ninjababy”.


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Il piccolo ninja, dotato di mascheretta nera, è l’interlocutore privilegiato di Rakel, la conosce benissimo visto che è il suo impertinente alter ego animato (dalla matita di Inga Sætre). Un combattivo ninja che, quando non compare nella camera di Rakel, è occupato a crescere nella sua pancia. Tranquillino, anzi "un fottuto bambino ninja fottutamente subdolo!” impegnato a colonizzare il suo utero. Rakel, ottima bevitrice di birra, allenata a disfarsi con canne e funghetti nei fine settimana, piuttosto ghiotta di sesso, disegnatrice di pupazzetti con ambizioni messe nel cassetto dopo che ha interrotto gli studi d’arte, è arrivata al sesto mese di gestazione senza accorgersi di essere incinta, nonostante la pillola. Ingrid, la sua compagna d’appartamento (Tora Christine Dietrichson, in palla come il resto del cast) la costringe a un test, insospettita dai volumi crescenti dell’amica. Che, incredula, crolla e non ci sta. Io, un figlio? Anche no, no e no. Ormai non può più abortire, grande è la confusione. “Sei brutto e deforme” dice Rakel al piccolo ninja che inizia a comparire dispettoso qua e là, dai muri alla scrivania, in un buffo, sapido crossover tra film e disegno. Chi è l’inseminatore?



Il primo sospettato è Mos, istruttore di aikido (il paffuto, barbuto e dolce Nadir Khademi), recente, apprezzatissimo amico per una notte, ma i sei mesi di gravidanza rivelati dall’ecografia conducono dritti al trentenne ciondolone Pikkjesus (Arthur Berning) meglio noto come Minchia Santa, ciò che spiega bene come non tenga il suo asso nella manica bensì altrove. Ad avere un figlio non ci pensa nemmeno e Rakel, già turbata dalla semplice idea che il padre di Ninjababy sia un narcisista con in tinello un poster di Gesù che si fa le canne, lo archivia senza rimpianto.



L’idea migliore sembra l’adozione, al feto animato non dispiacerebbe accasarsi con Angelina Jolie, adottatrice seriale, mentre la futura madre pensa alla sorellastra Mie (Silya Nymoen) però ci sono alcune difficoltà. Di lì in avanti tutto precipita e svolta. In bene e in caos. Sboccia una robusta affettuosità fra Rakel e Mos, puffo che profuma di burro e non è da tutti, Minchia Santa si scopre un deciso istinto paterno e la sorellastra annuncia di aver appianato ogni problema, può adottare il nascituro. Dove punterà la prua Rakel?

Non guastiamo le sorprese finali, meglio farsi qualche domanda non troppo innocente. Davvero si diventa adulti o almeno consapevoli solo crescendo un bambino? E la tecnica aikido di caduta appresa in palestra aiuta pure nei capitomboli della vita? O forse sono proprio i capitomboli a salvare la vita?



“Ninjababy”, miglior commedia dell’anno agli European Film Awards, ha vinto al Giffoni Film Festival il premio decretato dalla giuria dei diciottenni. Distribuisce in 27 sale la Tucker Film, tra non molto andrà in streaming. E viva il cinema indie.






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