“Un popolo con una così grande varietà di aperitivi come il nostro non può morire di fame”, scrisse una volta Marcello Marchesi. Erano gli inizi degli anni ’70 e uno degli intellettuali italiani più prolifici e originali con questa famosa frase stava semplicemente notando le trasformazioni in atto. Marchesi, in realtà, sapeva bene che gli italiani erano stati morti di fame fino a pochi decenni prima, ma sapeva anche costruire narrazioni convincenti. E sugli aperitivi le storie inventate in effetti si sprecano.

Nella spasmodica ricerca di origini remote, si è arrivati a scomodare gli antichi romani; la tesi, decisamente curiosa, deriva dal termine latino 'aperitivus', vale a dire “ciò che apre”; da qui ad affermare che i Negroni e i Margarita esistessero già all’epoca di Augusto il passo è breve… Il problema è che l’italiano è una lingua neolatina e quindi quasi tutte le parole derivano dalla lingua di Virgilio, il che non vuol dire che gli imperatori romani bevessero gli aperitivi al bar come facciamo noi oggi. Se questo fosse il criterio, dovremmo dedurre che Giulio Cesare era stato sulla luna, dal momento che “missile” deriva dal latino “missilis”.
In realtà la tradizione dell’aperitivo ha un’origine molto più recente: grosso modo duecento anni fa, che sono moltissimi, ma l’aperitivo è diventato davvero popolare solo negli anni ’60, quindi una cinquantina di anni fa, prima nelle grandi città del nord e poi progressivamente nel resto del Paese.

Arrivando più vicini a noi, anche le origini austroungariche dello Spritz fanno parte delle invenzioni narrative. Gli austroungarici se ne andarono dal Veneto, patria dello spritz, nel 1866 e in quel periodo non esistevano ancora né il bitter né il prosecco frizzante. In compenso c’era il ghiaccio, quello si, perché il Veneto è storicamente una delle aree più importanti di raccolta ed esportazione del ghiaccio. Ma mettere il ghiaccio nel vino per raffreddarlo e allungarlo, non ha nulla a che fare con la storia dello spritz, è una cosa che si è sempre fatta; se le origini fossero queste, ci troveremmo a dover ammettere che lo spritz è nato in Mesopotamia all’epoca dei sumeri. In realtà, molti indizi farebbero pensare che l’idea di unire il bitter con un vino bianco e poi allungarlo con acqua e ghiaccio per creare una bevanda fresca e dissetante sia nata tra le due guerre mondiali, ma la sua affermazione a livello nazionale è molto recente, non prima degli anni ’70 ed è probabile che la famosa campagna pubblicitaria degli anni 2000, interpretata dalla modella Holly Higgins, abbia ulteriormente diffuso questo aperitivo soprattutto tra il pubblico giovane.

Un discorso a parte meriterebbe invece il vermut, che è un prodotto prevalentemente italiano ed è stato alla base del concetto stesso di aperitivo moderno in Italia, ma anche negli Stati Uniti; basti pensare al ruolo che ha avuto nella mixologia americana. Non è un caso se il vermut italiano più venduto al mondo, il Martini & Rossi, sia arrivato a dare il nome a quello che è sicuramente il più famoso cocktail del mondo, il Martini, appunto; con James Bond a fare da formidabile testimonial.
Anche sui cocktails e sugli aperitivi, quindi, l’asse Roma-New York è stato decisivo nel costruire un mito e nel determinare uno stile. Noi italiani, come al solito, tendiamo a farci prendere la mano con la storia e con le origini antiche, ma a ben guardare, come per la pasta e per la pizza, è stata l’emigrazione in America a creare le premesse per un successo planetario. Al contrario di quanto affermato da Marchesi, gli aperitivi italiani sono stati inventati e sono famosi nel mondo perché milioni di nostri concittadini hanno attraversato l’Atlantico per non morire di fame.
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