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NAPULE È ...
PIAZZA GARIBALDI

foto e testo di LUCA FORTIS
(immagine di apertura da google maps)

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La stazione di piazza Garibaldi è la porta di Napoli. Non solamente perché qui si arriva con l’alta velocità, ma perché qui si possono comprendere le contraddizioni della città.

Il turista che arriva, metaforicamente ha due scelte. La prima è: uscire nel “paradiso” creato per lui, un percorso sotterraneo che dalla stazione permette di arrivare alle varie linee della metro, senza mettere il naso nella piazza. Esiste poi una seconda possibilità, addentrarsi in superficie, in un mondo dantesco, con i suoi ospiti, taxisti intraprendenti, venditori di calzini che ti chiamano Brad Pitt o Angiolina Jolie, ambulanti africani che vendono tessuti e turisti spaesati e forse affascinati. È questo secondo percorso che rende un viaggio a Napoli interessante, è questo il luogo in cui bisogna immergersi per scoprire la città.

La nuova piazza, con piccoli giardini e alberature, nasconde centinaia di capannelli di persone, turisti in attesa di taxi e bus per l’aeroporto, in coda fuori da note pasticcerie e bar, migranti in attesa di caporali o che vendono tessuti multicolori e generi alimentari esotici. Qui si possono comprare lumache grandi anche trenta centimetri e farsi spiegare come cucinarle alla nigeriana o comprare balsamo e unguenti di ogni tipo.

In alcuni orari si può osservare, come in un miraggio felliniano, un bazar di vestiti di seconda mano. Ogni venditore stende un lenzuolo per terra dove mette i vestiti usati. Per centinaia di metri, lenzuolo dopo lenzuolo, si accalcano gli ultimi, i più poveri della città, per acquistare, per pochissimo, capi di ogni sorta.

Sempre più palazzi della grande piazza sono stati acquistati da catene alberghiere internazionali, mentre i negozi stanno pian piano diventando bar per i turisti. Sul lato destro, verso via Firenze e Porta Capuana, si trovano splendidi palazzi della fine dell’Ottocento molto délabré e negozi etnici interessanti. Vale la pena saltare da un negozio all’altro in cerca di ceramiche tunisine, anelli algerini, lampade marocchine, tessuti africani “Made in Holland” e artigianato indiano e pakistano. Qui si trovano anche gli alimentari e ristoranti africani e asiatici; e comprando i tessuti africani ci si può far fare vestiti su misura dai loro sarti.

Durante le feste come il Ramadan questa zona diventa un trionfo di colori, in cui è impossibile non essere ammaliati dalle mille geometrie, a tratti quasi psichedeliche, dei tessuti africani che la gente indossa.

Arrivando a Porta Capuana, una delle antiche porte aragonesi della città, oggi in restauro, non si può non notare come l’eroina sia tornata e come molti tossicodipendenti, lasciati soli a loro stessi, abbiano scelto l’area dietro al cantiere del restauro Unesco e dell’ex palazzo abbandonato della Pretura come rifugio per la solitudine.

Partendo da Porta Capuana si può andare a visitare il mercato del Buvero, uno dei luoghi affascinanti della città, rimasto in gran parte chiuso in se stesso, se non per i migranti caraibici e centro americani che si vanno mescolando con gli abitanti originali dell’area. Dalla chiesa di Santa Anna, con le sue belle scale, si dipana un mercato alimentare e di bomboniere kitsch di grandissimo fascino. Si tratta di un’area molto popolare, che ancora ricorda quelle viste in tanti film degli anni Sessanta. Qui non mancano i problemi sociali ed economici e nemmeno la criminalità organizzata, ma allo stesso tempo è un luogo fuori dal tempo, pieno di persone genuine. Immergersi tra le sue vie è come entrare nel cuore pulsante della città.

Napoli, non è una novità, sembra vivere di opposti, in un eterno equilibrio in cui magari non ci si frequenta, ma tutti hanno il loro posto e sono egualmente necessari. Ogni cosa ha un suo diritto di esistere in qualche spazio, anche se angusto e difficile. Sembra anarchica, ma in fondo esiste una regola per tutto. Solo che invece di esserci una sola regola, quella statale, uguale per tutti, qui ogni palazzo, ogni vicolo, ogni piazza ha microcosmi di leggi che variano. Solo vivendo questa città si può rendersene conto. Napoli è sporca e pulitissima, ricca e poverissima, anarchica e iper regolamentata, cattolica e pagana.

Tra Porta Capuana e il Buvero vi sono via Rosaroll e Via Carbonara, strade che portano verso via Foria e che nascondono un pezzo di centro storico ancora in gran parte da riscoprire. I palazzi nobiliari, spesso completamente decaduti, si alternano ai bassi e all’ultimo tratto rimasto in piedi delle mura cittadine, con le sue possenti torri. Via Carbonara ospita splendide chiese, il bellissimo complesso del Lanificio e tante realtà culturali, cooperative e associazioni sociali che lavorano un po' in tutta Napoli.

Fra gli altri ci sono anche importanti centri di arte contemporanea, come Made in Cloister e l’Atelier Alifuoco.

Quest’ultimo è uno spazio che unisce vari studi d’arte nati nell’appartamento che un tempo fu abitato dalle signore Dora e Fausta Alifuoco, il cui spirito ancora sembra aleggiare in ogni stanza: è stato deciso infatti di lasciare tracce delle precedenti abitanti. L’atelier è gestito dagli artisti Lucia Schettino, Francesco Maria Sabatini, Maria Teresa Palladino e Nicola Vincenzo Piscopo: oltre a disporre di vari ambienti espositivi e studi d’arte, sostiene il progetto Quartiere Latino, curato dallo stesso Piscopo. Un museo realizzato nello stesso condominio dell’Atelier e in cui ogni sei mesi, con eventi, si finanziano opere d’arte site specific create da diversi autori per il condominio di via Cirillo.

Il progetto è nato, racconta Piscopo, con i primi Art Days a Napoli, nel segno della rinascita, “per offrire alla città un museo autentico e autoctono fatto da artisti che vivono il territorio e che come stelle nell’inquinamento luminoso brillano senza che nessuno se ne accorga”. L’idea è quella di connettere tutti gli artisti che vivono nel quartiere per fare rete e creare eventi e nuove opere.
Camminando per piazza Garibaldi e dintorni si resta affascinati (o spaventati) da quanti mondi si sfiorino, si lambiscano senza per forza frequentarsi.

Porta Capuana e Castel Capuano, un tempo attorniati dal quartiere delle prostitute, sono l’ingresso alla zona dei Tribunali, il centro di Napoli che tutti conoscono e frequentano.

Circumnavigando la piazza Garibaldi, e passando dal popolare e affascinante quartiere di Forcella - un tempo, prima della cacciata degli ebrei dalla città per mano spagnola, una delle zone ebraiche di Napoli - si arriva a corso Umberto, chiamato dai napoletani il Rettifilo. Da qui iniziano le vie del cosiddetto “Risanamento”, che nel nome della lotta al colera abbattè vari rioni medioevali, con le loro vie strette e affollate che dal mare e il porto si estendevano fino a piazza Carità.

L’ intervento ottocentesco, visto con gli occhi di oggi, ci ha privato di una delle zone più peculiari di Napoli, facendo posto ai larghi viali. Se l’architettura del ventennio ha poi lasciato, malgrado i tempi drammatici e nefasti, segni architettonici interessanti, i palazzi dell’ Ottocento e di inizio secolo sono simili a quelli che si vedono in mezza Europa.

Molto più interessanti le aree medioevali sopravvissute, come Borgo Orefici e piazza Mercato. Quest’ultima è uno dei luoghi di Napoli che preferisco. Nacque come mercato in cui anche i musulmani siciliani potevano vendere le loro merci e risiedere. Qui per secoli si eseguirono le condanne a morte, e qui furono uccisi Masaniello, nobili illuministi e tanta gente comune. In alcuni casi gli aristocratici che nella piazza vennero condannati a morte sono seppelliti con tutti gli onori nelle splendide chiese che la circondano.

Da qui partivano gli emigranti che lasciavano il Sud per le Americhe. I loro occhi contemplavano pian piano il magnifico campanile maiolicato della basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore allontanarsi oltre le onde.

In questa piazza oggi si viene per comprare fuochi d’artificio, tessuti, lana, filamenti, materassi e soprattutto improbabili oggetti in plastica. Se desiderate un fenicottero rosa gonfiabile di tre metri, una moto giocattolo a grandezza naturale o una mini auto per bambini, venite qui: la piazza è stata soprannominata “l’Ikea de Napule”.E qui si trova anche la famosissima sartoria teatrale Canzanella.

Piazza Mercato ricorda un po’ per la forma piazza del Plebiscito, ha una chiesa centrale e dei piccoli palazzi commerciali che la abbracciano, un po’ come se fossero una versione popolare e commerciale del colonnato di piazza del Plebiscito appunto, o di quello del Bernini a piazza San Pietro a Roma.

La differenza è che a chiudere il colonnato e a nascondere la vista sul mare qui non c’è Palazzo Reale ma Palazzo Ottieri, simbolo della speculazione edilizia durante gli anni del sindaco Lauro, armatore e ultimo sindaco monarchico della storia repubblicana italiana. Prima di lasciare la piazza è d’obbligo una visita alla chiesa di Sant’Eligio Maggiore, con il suo splendido arco con orologio.

Lasciando questi luoghi magici e malinconici, luoghi di tanta vita e di tanta sofferenza, si passa tra i vicoli dell’area tra piazza Garibaldi e il mare e si arriva al mercato di Porta Nolana, storico luogo in cui si comprano i capitoni per Natale, il baccalà e il pesce in generale. Tra questi vicoli chiese cattoliche, sale da preghiera evangeliche, che negli ultimi anni hanno avuto un boom incredibile nei quartieri poveri napoletani, e piccole moschee si alternano. Girare tra i banchetti di prodotti del mare e fermarsi a mangiare nei piccoli ristorantini di pesce o pizzerie, è anch’esso un modo di immergersi in questa città magica, cogliendone la stupefacente complessità.








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