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CHIGNOLO PO
UN CASTELLO
SULLA FRANCIGENA

Lo studio dell'avvocato Antonio Procaccini è in un maniero, quello che molti amano definire la piccola Versailles della Lombardia e che il senatur Umberto Bossi alla fine degli anni Novanta aveva eletto a sede del “Parlamento della Padania”. Fu acquistato verso la fine degli anni '80 dal Sovrano Ordine di Malta in stato di semi-abbandono.

di ROBERTO ORLANDO

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A Chignolo Po lo studio dell'avvocato Antonio Procaccini è nel castello. Il suo castello, per la precisione, quello che molti amano definire la piccola Versailles della Lombardia. Quello che il senatur Umberto Bossi alla fine degli anni Novanta aveva eletto a sede del “Parlamento della Padania”. Quello che l'avvocato aveva acquistato verso la fine degli anni '80 dal Sovrano Ordine di Malta in stato di semi-abbandono e che poi piano piano ha rimesso all'onore del mondo, a proprie spese, trasformandolo non solo nel suo studio di rappresentanza ma anche nella dimora della sua famiglia. Insomma, come si dice in una sola parola, anche se non è molto elegante, Procaccini si è “accastellato”.

Chignolo Po si chiama così perché fino al XV secolo il fiume passava da qui, proprio vicino al castello che è costruito sopra un "cuncolus" o un "cuniolus", ossia in cima a una delle morbide alture tondeggianti che contraddistinguono questo tratto di Lombardia. Il castello era stato costruito strategicamente in quel punto verso il 740 d.C. dal re dei longobardi, Liutprando, con funzioni di fortificazione e sorveglianza di quel rigogliosissimo tratto di pianura Padana compreso tra Pavia e Piacenza e della via che collegava il nord dell'Europa con Roma e che in seguito sarebbe diventata la via Francigena.

Liutprando merita una divagazione, perché non fu certo un monarca da quattro soldi. Per giunta, ironia della storia, era ideologicamente più vicino alle prospettive ambiziose di Vittorio Emanuele II che ai progetti politici separatisti del senatur al quale il castello di Chignolo piace così tanto. Premesso che la Padania era già tutta sotto la sua corona, Liutprando sognava in grande e immaginava l'unità d’Italia. L’impresa non gli riuscì perché, a differenza di Vittorio Emanuele II che come noto fu perfino scomunicato dopo la presa di Roma, Liutprando era profondamente devoto a papa Gregorio II, il quale al contrario era molto preoccupato dall’avanzata inarrestabile dei longobardi negli ambiti pontifici. I tempi insomma non erano ancora maturi per unificare la Penisola e alla fine Liutprando in segno di rispetto donò alcune città dell’Italia centrale al nuovo papa Zaccaria. Fine della divagazione.

Un paio di secoli dopo Liutprando, comincia l'epoca dei monaci benedettini, ai quali re Berengario dona il castello che viene trasformato in un luogo di accoglienza, particolarmente sicuro, per i pellegrini in viaggio sulla via Francigena. Nemmeno a farlo apposta pure Berengario vuole unire lo stivale sotto il suo scettro e sulla carta ci riesce: prima viene incoronato re d'Italia e poi è nominato da papa Giovanni X addirittura imperatore. Titoli pressoché privi di senso perché Berengario non fu mai padrone delle sue terre a causa di una forte opposizione interna, soprattutto da parte della potente nobiltà di Umbria e Toscana. Però per ottenere quei titoli doveva essere molto generoso con gli apparati della Chiesa e questo spiega la donazione del castello di Chignolo ai monaci della vicina abbazia di Santa Cristina. Il complesso diventa anche un importante snodo commerciale, approfittando anche della fama ottenuta dopo che l'arcivescovo di Canterbury, Sigerico, in viaggio verso Roma nel 990 nominò abbazia e castello quarantesima tappa della Francigena.

Col passare dei secoli la proprietà del castello passa di mano in mano e la prima vera rivoluzione si colloca storicamente nell'ultimo quarto del Quattrocento. Da allora infatti il fiume Po scorre circa cinque chilometri più a sud e oggi segna il confine tra la Lombardia e l'Emilia Romagna. A decidere di deviarne il corso fu il duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza, per motivi prevalentemente agricoli: il Po a Chignolo esondava spesso, faceva danni alle colture e divorava i terreni. I lavori durarono una decina d'anni.

La seconda "rivoluzione culturale" risale invece all'anno 1700, quando il potentissimo cardinale Agostino Cusani Visconti, ambasciatore del papa alla Repubblica di Venezia e alla corte del re di Francia Luigi XIV, dà un'altra bella rinfrescata alle pagine della storia locale trasformando il castello militare in una vera e propria reggia, degna di ospitare personalità del suo rango, e di rango anche superiore come papi, re e imperatori. Il barocco nella reggia ovviamente dilaga, nel rispetto del progetto dell'architetto romano Giovanni Ruggeri. Il quale oltre ad ampliare il maniero aggiunge un parco di 30 ettari; costruisce una Palazzina di Caccia, con tanto di laghetto navigabile, che ricorda un po' quella sabauda di Stupinigi ma in formato mignon; realizza un giardino con ninfei e fontane collegato al cortile d'onore da un ponticello che scavalca l'immancabile fossato, ora prosciugato come del resto il laghetto di cui sopra. Ruggeri progetta e edifica soprattutto l'ala est del complesso, quella destinata all'accoglienza degli ospiti, tra cui si annoverano il papa Clemente XI, l'imperatore d'Austria Francesco I d'Asburgo e inevitabilmente Napoleone Bonaparte.

Lasciami divagare anche su Napoleone: i letti sui quali dormì in tutta Europa vengono conservati come reliquie. Sono letti minuscoli, più adatti a sottolineare la sua statura che la sua fama di tombeur de femmes. Ogni volta che ne vedo uno mi domando il perché di questa curiosa tendenza: Milano, Mantova, Fontainebleau, Stra, isola d'Elba, Casale Monferrato... tutti a custodire i letti dell'imperatore corso. Non sarebbe stato più comodo conservare una sedia, per dire, una poltroncina, un divanetto... No, tutti i suoi letti.

Per tornare a Chignolo va rivelato che la nobile schiatta dei Cusani resta proprietaria del castello e delle sue terre dalla fine del Quattrocento fino al 1936, quando Camillo Cusani Botta Adorno (che non ha eredi, nonostante l'abbondanza di discendenze nel cognome), lascia castello e dintorni all'Ordine di Malta. Il quale lo elegge a Casa Magistra, cioè residenza del sovrano dell'Ordine che a dispetto delle ambizioni frustrate di Liutprando e Berengario è l'unico re al mondo senza un territorio da governare. Ciononostante l'Ordine in molti Paesi ha la stessa dignità di uno Stato e per questo può intrattenere relazioni diplomatiche ufficiali.

L'Ordine per diversi decenni si occupò del castello e lo utilizzò in parte come collegio per gli orfani tra i 6 e gli 11 anni di età fino al 1970. Poi il castello chiude, fino a quando non viene ceduto all'avvocato Procaccini. Il quale lo abita e per poterlo mantenere in buone condizioni lo affitta in parte per eventi e cerimonie e organizza due percorsi di visite guidate che hanno grande successo.

Uno si sviluppa nella zona barocca, l'altra in quella medievale. Nel primo ci sono diverse cose da segnalare e che meritano la visita: intanto gli affreschi di scuola tiepolesca, poi alcuni pezzi del mobilio che hanno anche storie particolari di ruberie e ritrovamenti casuali. Ma soprattutto è affascinante la biblioteca, un tempo utilizzata anche come aula per l'istruzione dei rampolli di famiglia, dove sono custoditi cinquemila volumi del Seicento e Settecento con i cartellini di catalogazione ancora originali, scritti a mano.

I volumi sono custoditi in una gigantesca libreria che tappezza le pareti del grande salone attiguo allo studio di rappresentanza dell'avvocato Procaccini. I volumi sono protetti da una rete metallica, non si possono toccare e quindi tantomeno consultare. Questa parte è visitabile con regolarità nei fine settimana e nei giorni festivi senza bisogno di prenotazione. La visita dura in genere un'ora e mezza circa. La parte medievale del complesso invece non è sempre visitabile perché viene utilizzata per pranzi di nozze, cerimonie di altro genere e eventi.

Bisogna pertanto chiedere informazioni per conoscere giorni e orari di visita. Questo secondo percorso è un po' più lungo del precedente: si parte dalle corti feudali, quella francigena e quella delle arti e dei mestieri. Poi dalle cantine attraverso una scala a chiocciola in pietra si sale per quattro piani fino ai camminamenti di ronda. Da qui, un'altra scala conduce alla torre che aveva funzione di avvistamento ma anche di prigione. Si scende infine alle cantine, alimentari e vinicole, riconosciute dalla Regione come Museo lombardo del vino.

Infine arriviamo a Bossi, le cui tendenze separatiste mal si conciliano con lo spirito del luogo. Tant'è: il senatur nel 1998 riunisce qui il parlamento della Padania, dà vita a una sorta di costituente della Repubblica Padana e infine arringa il suo popolo al grido di "Roma ladrona". Tornerà una ventina di anni dopo, nel 2017, per riunire la minoranza indipendentista della Lega, lo zoccolo duro e celodurista del partito, critica la nuova linea sovranista del segretario Salvini e ribadisce un vecchio slogan: "Bruciamo il tricolore". Anche a dispetto delle ambizioni di re Liutprando l'unificatore e di Berengario, re virtuale d'Italia.

A margine segnalo che nei dintorni bisogna visitare il borgo medievale di San Colombano al Lambro, il castello sforzesco di Sant'Angelo Lodigiano e le terme romane di Miradolo.

A quanto mi riferisce la collega Maria Elena Zeni, che ora fa anche la guida al castello di Chignolo Po e che ringrazio per la disponibilità, nella zona si mangia bene ovunque. E Maria Elena è affidabile... (info: www.castellodichignolpo.it.Non si possono scattare fotografie all’interno del castello)





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