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CAMPO IMPERATORE, L'ABBANDONO
DELLA "SVIZZERA D'ITALIA"

di GABRIELLA DI LELLIO

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Un tempo l'area del Gran Sasso era un vero e proprio passaggio per i pastori, che dal Vallone della Portella puntavano a Passo del Lupo e alla Sella di Pratoriscio, nome oggi scomparso, superata la quale scendevano a Campo Imperiale, ora Campo Imperatore. “La Sella era un morbido prato di altura - a 2123 slm - che circondava l’albergo di Campo Imperatore. Un sottopassaggio univa e unisce ancora la stazione di arrivo della funivia all’albergo” scrive lo storico aquilano Alessandro Clementi. “Si sa, i venti impetuosi di un valico che dritto dritto unisce Tirreno ed Adriatico non sono scherzi. La natura venne soggiogata, violentata, umiliata. E non si finisce. Arriva la strada da Fonte Cerreto (Assergi) all’albergo. Un sogno a lungo accarezzato da quanti credettero di poter vincere una sfida con la natura, e un grande piazzale asfaltato che spazzò via l’ingombro del morbido prato. La stazione di arrivo della funivia è un rustico bugnato da alberghetto svizzero. Poi, nel dopoguerra, nacque l’osservatorio astronomico, per studiare la corona solare. Dove trovare un posto più comodo per evitare il limo atmosferico che impedisce limpide visioni?”

(La sella di Pratoriscio, dove sorse poi l'albergo di Campo Imperatore)

Il nome Campo Imperatore è un omaggio a Federico II, ma ci sono anche altre varianti come Campo dell'Imperatore, Campo Imperiale, Pian d'Emparatore, Compradore. Forse è solamente una deformazione dal dialettale campo impretato per la sua conformazione piena di pietre, prètə appunto dove, alle pendici di Monte Aquila, si trova l’Albergo.

L’idea dell’Hotel-rifugio in quota
L’albergo fu realizzato negli anni ’30 su progetto dell’ingegnere piemontese Vittorio Bonadè Bottino. Un esempio di architettura razionalista di dimensioni imponenti, con quattro piani e un sotterraneo, un avancorpo semicircolare, 45 camere e un ristorante panoramico. Dal 1940 ad oggi l’albergo di Campo Imperatore ha subìto solo lievi modifiche mantenendo la linea originale. Gli interni sono rimasti pressoché invariati. E' cambiato però l’utilizzo delle stanze e dei locali.

Tutto nasce dall’intuizione dell’aquilano Adelchi Serena, podestà dell’Aquila dal 1926 al 1934, che cercò di promuovere il turismo nell’area del Gran Sasso e di Campo Imperatore, collegati da una funivia e serviti da un hotel in quota” raccontano gli storici Walter Cavalieri e Francesco Marrella. “Nel progetto della cosiddetta “Grande Aquila” (luglio-dicembre 1927) la città sarebbe dovuta diventare il baricentro di un turismo montano di prima qualità, proveniente da Abruzzo, Marche, Lazio, Molise e Umbria, attratto dai nuovi impianti da costruire nel comprensorio del Gran Sasso per realizzare una sorta di 'Svizzera d’Italia' ”.

Il settimanale della federazione fascista aquilana diretto da Serena, Il Popolo d’Abruzzo, magnificava Campo Imperatore: “Panorami superbi, che abbracciano l’Adriatico e il Tirreno; possibilità di ascensioni di ogni specie, dalle più facili a quelle di alta accademia; neve abbondantissima, dall’ottobre al maggio; campi di sci paragonabili solo a quelli della Norvegia” (18 settembre 1932). Ma la realizzazione venne avviata solo negli anni Trenta dal successivo podestà Gianlorenzo Centi Colella, e la gestione fu affidata a un’azienda speciale del comune dell’Aquila: il Centro Turistico del Gran Sasso d’Italia, che da allora continua a gestire la stazione sciistica. La città si era dotata di tutti i possibili requisiti per proporsi come importante polo turistico rivolto soprattutto all'utenza alto-borghese romana.

(L'albergo di Campo Imperatore - foto di Gabriella Di Lellio)

Indubbiamente il Gran Sasso si poneva anche in antagonismo con Roccaraso che negli anni ’20 iniziò a proporre lo sci. Era la stazione climatica preferita dagli appassionati di sport invernali di Napoli e Roma, grazie alla linea ferroviaria Sulmona-Isernia inaugurata nel 1837, che passa per il centro del paese creando un collegamento diretto tra le due città. I “Treni della Neve” organizzati dall’Opera Nazionale Dopolavoro erano convogli speciali di sola terza classe a tariffe scontate del 70% che - dal 1932 - partivano la domenica all’alba e rientravano la sera dello stesso giorno, per un massimo di 24 ore senza pernottamento e con pranzo al sacco. Ma il Gran Sasso si poneva in antagonismo soprattutto col Terminillo, definito “la montagna di Roma” e prediletto dallo stesso Mussolini.

Per questo la stampa dell’epoca incoraggiava anche un turismo romano mordi-e-fuggi facilitato da tempi di percorrenza più ristretti: “Sarà possibile, in poco più di tre ore, trasportarsi da Roma al Campo Imperatore e al Campo Pericoli; abbandonarsi al godimento dei più sani esercizi sportivi invernali ed estivi di alta montagna e far ritorno nella Capitale nella stessa giornata, dopo aver visitato le più ragguardevoli opere monumentali di cui abbonda la città dell’Aquila. Gli innamorati dello sci e della montagna potranno vivere giornate deliziose all’altezza di 2400 metri, con la possibilità di ritrovarsi a Roma in poco più di tre ore, se vi saranno chiamati da affari. L’on. Serena è già all’opera per consentire anche ai napoletani di raggiungere Campo Imperatore nel più breve tempo possibile: cinque ore o poco più.”

(L'albergo di Campo Imperatore negli anni Trenta)
Si tentava di convogliare verso il Gran Sasso anche una utenza “di massa” alla quale il quotidiano romano, Il Messaggero, offriva una settimana bianca per 350 lire tutto compreso. Da notare che diversi gerarchi costruirono al Terminillo case e ville in stile liberty e che lo stesso Mussolini ne era un habitué, mentre non andò mai a Campo Imperatore prima della sua prigionia del 1943. Per la verità, nel suo memoriale, il suo autista personale Ercole Boratto scrisse: “Mussolini non riusciva nello sport, malgrado si sforzasse di praticarli tutti. Lo accompagnavo nei campi di sci, e mi accorgevo che non otteneva nessun progresso, ma si reggeva a malapena in piedi per portare a termine una discesa. Frequentò moltissimo anche i campi di tennis, e anche qui era ammirato dal pubblico come Duce ma non come tennista.” (in Ercole Boratto, A spasso col Duce, in La Domenica di Repubblica, 22 novembre 2004; e “Adelchi Serena, il gerarca dimenticato” di Walter Cavalieri e Francesco Marrella).



Le vittime dimenticate dell’operazione Quercia
La riunione del Gran Consiglio del Fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio del ’43 decretò la destituzione e l’arresto di Mussolini. Dopo esser passato per l’isola di Ponza dove si trovavano alcuni confinati politici tra cui Pietro Nenni che lo riconobbe, il Duce venne trasferito nell’isola della Maddalena per mancanza di requisiti di sicurezza. Solo il 27 agosto fu portato sul Gran Sasso. L'Operazione Quercia o Fall Eiche, così è passato alla storia il blitz tedesco per la liberazione del Duce, sarebbe dovuta scattare già quando il dittatore era in Sardegna. Il suo spostamento improvviso la fece slittare di un paio di settimane. L’operazione fu intrapresa dall’ex ufficiale Otto Skorzeny e da alcune SS del servizio segreto per ordine del Fuehrer in persona.

(Giovanni Natale)
Pasquale Vitocco

Quello di cui non si parla sono le due vittime dell'operazione, storia ritrovata in un fascicolo nascosto per 70 anni in un archivio del tribunale dell’Aquila, oggi conservato all’Archivio di Stato. La documentazione era relativa al reato di “omicidio volontario” a opera di ignoti soldati tedeschi. Le vittime, la guardia forestale Pasquale Vitocco (39 anni) di Assergi e il carabiniere Giovanni Natale (41 anni) di Caserta, facevano parte del posto
di blocco dei carabinieri sulla strada che da Assergi porta alla base della funivia.

Non furono avvertiti della raccomandazione da parte del Capo della Polizia di usare “massima prudenza”, un invito alla resa. Fu così che i due, vedendo le truppe tedesche avvicinarsi, spararono e rimasero uccisi. C’è voluto quasi un secolo per far ritrovare ai parenti delle vittime la dignità del ricordo. Il 12 settembre 2017, attraverso l’intitolazione delle stazioni di monte e di valle della funivia del Gran Sasso, furono poste due targhe con gli onori dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo Forestale dello Stato.



L' albergo oggi
Non c’è pace per il Gran Sasso mussoliniano. Dallo splendore degli anni ’30 l’albergo, che non ha subìto danni nel sisma del 2009, è rimasto funzionante fino alla stagione 2015-2016. Purtroppo la mancanza di interventi strutturali adeguati e la carenza di manutenzione hanno portato la struttura al collasso. Oggi le camere cadono letteralmente a pezzi e le società private che faticosamente hanno preso in gestione la struttura alberghiera dal Comune dell’Aquila, nella speranza di offrire continuità al servizio a prezzi stracciati, hanno finito per riporre i remi in barca.

L’11 ottobre 2021 sono stati stanziati tre milioni e 800mila euro per una ristrutturazione con inizio lavori a partire nelle prossime settimane. Il nuovo progetto prevede di restaurare la hall dell’ingresso principale, recuperando le pavimentazioni originali, creare 80 posti letto con una trentina di stanze, tra cui quella dove fu tenuto prigioniero Benito Mussolini, una Spa e un centro benessere collegati direttamente alla piscina al pian terreno, una zona relax e la sala lettura, oltre al totale rinnovamento della parte impiantistica. “I lavori“ dice il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, “dovrebbero durare 540 giorni.”


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