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26 ottobre 2023

Manuel De Falla
fluidità in musica
nei giardini di Spagna

di Carlo de Nonno

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tessier
Illustrazione di Adriana Tessier

Un’orchestra ipertrofica: un ottavino, due flauti, due oboi, un corno inglese, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe, tre tromboni, tuba, tre tamburi, un triangolo, piatti, celesta, arpa, pianoforte e archi.

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Manuel de Falla

Manuel de Falla (1876-1946) nel 1915 coniuga le suggestioni derivate dagli impressionisti francesi e lo smisurato amore per la tradizione musicale andalusa, i suoi ritmi, le sue strutture melodiche, per dare voce a 3 notturni per…Orchestra e pianoforte intitolati Noches en los jardines de España.

Sì perché il pianoforte non è un solista altezzoso ma è inserito pienamente nell’organico orchestrale, dialoga, si azzuffa, emerge, scompare, propone, dispone, fa e disfa. E l’orchestra se ne frega dell’accompagnamento ma svaria, si trasforma, echeggia sonorità altre, vive di vita propria.

pianoforte e orchestra

La prima avvenne a Madrid il 9 aprile del 1916, tra il pubblico sedeva Arthur Rubinstein, lo straordinario pianista umano troppo umano ma anche sublime indagatore delle profondità chopiniane, che rimase immediatamente folgorato da questo monstrum in cui non si sa più chi è chi, dove tutto sembra rimandare ad altro, dove la lettera spagnola è tradita ad ogni istante ma lo spirito mai, dove i sussurri del Generalife si screziano delle malinconie di una Danza lontana e tutto esplode nella lussuria della Sierra di Cordoba.

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Manuel de Falla con Arthur Rubinstein

Fu sufficiente. Da allora le Noches divengono uno dei cavalli di battaglia di Rubinstein, a suo agio come non mai nelle continue oscillazioni del brano che sembrerebbe essere il principe della musica descrittiva e che invece è puramente espressivo perché il gioco delle simulazioni, delle dissimulazioni e delle suggestioni vi è portato a livelli caleidoscopici.

Le suggestioni….sì ce n’è una potente che pervade tutto, che si ripresenta ogni volta che vuoi allontanarla, che solo Arthur ha forse colto nella sua essenza primaria, una suggestione che trascende l’orchestra, il pianoforte, il compositore stesso e che ci indica forse una strada.

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Arthur Rubinstein

La chitarra. Di cui si è sempre detto essere un’orchestra a corde per l’incredibile tavolozza di polifonia e monodia di cui dispone. La chitarra che fa piangere i sogni, il cuore trafitto da cinque spade, la Spagna ma anche la rappresentazione della Spagna.

Accade compiutamente, dopo innumerevoli ammiccamenti, verso il finale del terzo notturno, En los jardines de la Sierra de Cordoba (18.30 dell’incisione che vi proponiamo: il pianoforte si lancia in una lunga voluta e non lo riconosci più perché senti i cantini di una chitarra flamenca, l’orchestra risponde con un gigantesco accordo ritmico.

Rubinstein/Ansermet con l’Orchestre de la Suisse Romande, dal vivo, 27.04.1960

Non è più “l’orchestra chitarra” di tanti accompagnamenti operistici.

Ora il pianoforte e l’orchestra, quell’ immensa orchestra ipertrofica, “sono” una chitarra.

A proposito di fluidità.


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