loading
26 Gennaio, 2021

L'ENIGMISTICA DI PAOLO CONTE

di Antonio Silva

Condividi su:


Un bel giorno, sì è stato proprio un bel giorno, il mio amico Sergio Sacchi – che adesso ricopre la carica di direttore artistico del Club Tenco – arriva a casa mia con un disco. Siamo ai primi del 1976, quindi si tratta di un padellone: un vinile. Sulla copertina c’è un disegno fatto a mano - neanche tanto bello secondo me – che riproduce un gruppo di vecchietti, e il nome di uno sconosciuto: Paolo Conte.


Il Sacchi mette su un pezzo, La Topolino amaranto.


Allora: questo qui fa ciumpa ciumpa al pianoforte, accompagnato da fisa, basso e batteria; canta al limite della stonatura e soprattutto non sa cantare. O meglio, non sa usare la voce perché prende i fiati tra una parola e l’altra, o addirittura in mezzo alle parole, in maniera assolutamente pazzesca. Tipo a 0:40 (con la fifa che c’è in lei fiato ma sulla Topolino amaranto) o a 2:13 (ma sulla Topolino fiato ‘maranto). Che si capisce che prende fiato perché non ce la fa ad arrivare al termine del verso. Solo due esempi tra i tanti.




(Al Tenco, da sinistra: una giovanissima Susanna Camusso, Davide Riondino, Giacomo Barbieri - già dirigente CGIL-, Giorgio Vellani -amministratore del Club Tenco -, Amilcare Rambaldi - fondatore del Club Tenco - , Antonio Silva, Jimmy Villotti - chitarrista di Paolo Conte - e Francesco Guccini), Paolo Conte, Francesco Guccini

Il Sacchi ed io ci guardiamo e sbottiamo: è un genio. Così, qualche mese dopo, alla terza edizione della Rassegna della canzone d’autore, arriva Paolo Conte. Intanto io me ne sono follemente innamorato. Ho comperato anche l’unico altro disco in commercio, quello precedente, con Wanda: solito disegno a mano, cognome e nome in copertina.


Al momento di presentarlo sono emozionatissimo. So che non è conosciutissimo ma è già un mito tra gli addetti ai lavori. Lo considero presuntuosamente quasi una scoperta mia e del mio amico Sacchi. Finalmente lo posso ascoltare dal vivo. E scoppia il patatrac: signori e signore ecco a voi Piero Conte. Giuro ho detto Piero. E c’è una impietosa registrazione della serata a testimoniare la gaffe.


Forse c’era anche un altro motivo a spiegare il disastro.


Dopo Paolo Conte avrebbe dovuto esibirsi Piero Ciampi, altro mito. Ma io sapevo che Piero era dietro le quinte ubriaco fradicio al punto da reggersi in piedi a stento. Per cui, mentre la bocca parlava di Paolo, il cervello si preoccupava di come gestire l’entrata in scena di Piero. Mi sa che emozione e preoccupazione si sono sovrapposte causando l’imperdonabile incidente.



Silva con Conte


Ma da lì è nata l’amicizia con Paolo.


L’anno dopo infatti, rispondendo al giornalista della Stampa sul perché tornasse al Tenco, tra i vari motivi, adduceva il fatto di voler vedere se il suo “amico” Antonio Silva avesse capito che lui si chiamava Paolo e non Piero. E ancora molti anni dopo, nel 1993, tentando una sintesi delle sue numerose presenze in Rassegna, concludeva testualmente “Ho visto sfilare artisti importanti …Ho incontrato il fior fiore dei giornalisti specializzati. Antonio Silva ha finalmente imparato il mio nome (mi ha sempre presentato chiamandomi Piero)”. Bosárd.


Amicizia che era fatta di incontri e cene dopo i suoi concerti e di qualche visita collegiale di noi del Tenco a casa sua, ad Asti, o in qualche ristorante della zona. Certe bagne càude che il giorno dopo profumavamo (per chi ci piace, se no peggio per lui) di aglio a metri di distanza. Ma anche certi tartufi.


E di concerti “a gratis” a Ceriano Laghetto, il villaggio in cui abito.


Straordinari erano gli anni in cui la presenza di Paolo coincideva con quella di Roberto Benigni.


Li accomunava, e li accomuna, la passione per le crittografie mnemoniche.


La crittografia mnemonica è un gioco di enigmistica che persino Wikipedia fatica a definire. Vi faccio un esempio e capite al volo. La più famosa è forse questa: uno dice “cucchiaino 5 6 2 13” e voi dovete arrivare al significato nascosto, formato da parole rispettivamente di 5 6 2 13 lettere, che è “mezzo minuto di raccoglimento”.



Insomma un gioco che richiede una intelligenza creativa straordinaria. Non arrivare alla soluzione è una tortura infernale.


Ebbene, i due di cui sopra, quando si incontravano, si sbizzarrivano a tirarci matti con le crittografie.


E va lì va là per quelle classiche. Che magari uno le aveva sentite in giro, o lette su qualche libro di Stefano Bartezzaghi, e in qualche modo se la cavava.


Ma i diabolici le inventavano al momento.


Durante una cena Paolo la buttò lì. “Mara Venier chiede a Renzo Arbore: caro, dove andiamo in vacanza quest’anno? Risponde Renzo Arbore: ma, sai, Mara …”


Embè? Se scrivete e leggete la risposta in questo modo - “Masai Mara” - scoprite la destinazione delle loro vacanze: la grande riserva naturale situata nella parte sudoccidentale del Kenya.


Che forse, dal punto di vista enigmistico, non è una crittografia ma l’è semper una bella diavoleria.


Al che Davide Riondino, altro bel matto, lanciò il mitico “Conte, cento Tenco con te”.


E fu la storia della canzone italiana.



Condividi su:

Foglieviaggi è un blog aperto che viene aggiornato senza alcuna periodicità e non rappresenta una testata giornalistica. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Le immagini presenti sul sito www.foglieviaggi.cloud provengono da internet, da concessioni private o da utilizzo con licenza Creative Commons.
Le immagini possono essere eliminate se gli autori o i soggetti raffigurati sono contrari alla pubblicazione: inviare la richiesta tramite e-mail a postmaster@foglieviaggi.cloud.
© foglieviaggi ™ — tutti i diritti riservati «all rights reserved»