28 MARZO 2025

TEATRO NUCLEO
SOCIALI E DI STRADA
DAI GENERALI
A FAHRENHEIT

di LUIGI ALCIDE FUSANI






Condividi su:

A Luigi Fusani/ complice nel difficile lavoro del teatro / con affetto/ Horacio Czertok

 

Questa è la dedica che il fondatore del "Teatro Nucleo" ha scritto per me all'inizio del suo libro "Teatro in Esilio". Ora, io di libri che mi sono stati regalati da attori, registi, drammaturghi con cui sono entrato in contatto ne ho parecchi e tanti con dedica, ma nessuno ha mai usato la parola “complice” per definire il nostro rapporto di amicizia e di collaborazione.

In effetti uno è "complice" in un omicidio, in un crimine… al massimo in una congiura.

Per capire perché Horacio abbia usato questa parola, bisogna conoscere un po' della storia sua, di Cora e del teatro Nucleo. 


(Teatro Nucleo, Don Chisciotte, 2024)


Horacio, la Cora e il teatro Nucleo erano giovani nell'Argentina degli anni settanta, figli di ebrei fuggiti dalla Polonia negli anni prima della seconda guerra mondiale.

Non so che rapporti ci fossero esattamente con la Comuna Baires, che io avevo conosciuto a Milano. Forse c'era un rapporto di fratellanza, di comunanza di interessi e di poetica. Certo è che entrambi i gruppi erano sgraditi al regime militare che dominava in Argentina in quegli anni.

Un pomeriggio, ad Abbiategrasso, mentre i “ragazzi” stavano montando le scenografie per lo spettacolo della sera e la Cora stava facendo provare qualche giovane attore che faceva una sostituzione, noi, i due vecchi, passeggiando al margine dello spazio scenico chiacchieravamo.

Horacio mi raccontava perché e come avevano deciso di abbandonare Buenos Aires, dove avevano il loro teatro. e scappare in Europa.


(Teatro Nucleo, Don Chisciotte, 2024)


La compagnia aveva già ricevuto alcuni inviti a interrompere la sua attività "sovversiva" e a dedicarsi a un teatro più tradizionale e magari anche più divertente. Naturalmente quegli inviti erano tutti caduti nel vuoto. La cosa aveva dato un certo fastidio alle autorità di polizia, e quindi un bel giorno una squadra si presenta in teatro e sequestra Horacio.

Viene portato in caserma e sottoposto dapprima a un “normale” interrogatorio (“Chi vi manda? Chi vi finanzia? Per conto di quali potenze straniere lavorate?…”), ma siccome non aveva niente da dichiarare… viene sottoposto a una serie di torture tra cui la famosa picanha, cioè: un letto di metallo, senza materasso… il corpo nudo disteso sulla rete… ben ben bagnato… un elettrodo collegato al metallo del letto, l'altro schiacciato di volta in volta su differenti parti del corpo. Le orecchie, la lingua, i genitali, i piedi, in modo che la corrente attraversasse tutto il corpo attraverso percorsi sempre diversi, e sempre dolorosissimi.

Dopo due giorni di quel supplizio, Horacio continuava a svenire e sempre più frequentemente.

Fu a questo punto che sentì il capo dello squadrone di torturatori che diceva agli altri: “Va bene, basta… da questo non ci caviamo nulla, tanto vale che lo ammazziamo. Portatelo fuori”.

Horacio non si reggeva in piedi, dovettero portarlo fuori a braccia; lo appoggiarono a un muro, schierarono il plotone, e qualcuno finalmente diede l'ordine di sparare. Una raffica di proiettili colpì il muro vicino a lui. A questo punto tutti scoppiarono a ridere. Si avvicinò il capo dello squadrone che sorridendo gli disse: “Bene, per questa volta ci siamo divertiti tutti quanti… se non la finite di rompere l'anima col vostro teatro, la volta prossima faremo sul serio".

Credo che qualcosa del genere fosse capitato anche a Dostoevskij...

Lo presero, lo caricarono su un pick up, arrivarono davanti al teatro e lì buttarono a terra il suo corpo.


(Teatro Nucleo, Mascarò)


Era giunto il momento di lasciare l'Argentina. Grazie all'aiuto di un’ambasciata europea riuscirono a fuggire in modo rocambolesco. Arrivarono in Spagna e da lì cominciarono a portare i loro spettacoli in giro per l'Europa e finalmente, un bel giorno, si fermarono in Italia, a Ferrara dove ancora continuano con il loro lavoro di formazione, con il lavoro nelle carceri, coi loro spettacoli nelle piazze e negli spazi aperti.

In un suo scritto Horacio dice:

“Connaturate all'arte sono le nozioni di rischio e di sfida; questi sono massimi quando attori, drammaturghi, registi, scenografi, musicisti, tecnici devono agire in situazioni spaziali e sociali pericolose. Una piazza qualsiasi, un incrocio di strade, una fiera, un mercato, una periferia disagiata. Si tratta di trasportare 'fuori' le capacità acquisite nello spazio protetto sia dall'edificio teatrale sia dalla convenzione che si instaura tra attori e spettatori professionisti (nota: lui chiamava così gli spettatori abituali... il pubblico degli abbonati).

Un 'fuori' che pone nuovi e inusitati problemi alla compagnia teatrale e che esige di conseguenza la ricerca e la sperimentazione più impegnate. Utilizzando tutte le risorse dell'arte, convertire quel luogo (quella piazza qualsiasi) in un 'luogo deputato' e gli astanti in 'spettatori' senza rinunciare ad alcun rigore artistico e poetico, senza rinunciare alla necessaria complessità e lavorare per creare il linguaggio adatto ('adatto' per entrare in rapporto con il nuovo pubblico).

Una straordinaria opportunità per il teatro, per affrontare e trovare alcune risposte alla crisi di relazione che soffre con la società contemporanea.”

Ecco l’attività nella quale io e Horacio eravamo complici!



E passiamo agli spettacoli del Teatro Nucleo che avevo fatto rappresentare nel Polo culturale dei Navigli.

Prima di tutto un incredibile Don Chisciotte. La compagnia attraversava la città tra due ali di folla. Sancho e gli spettatori si lasciavano andare a una bevuta spettacolare. Arrivati nella piazza dello spettacolo Don Chisciotte dopo qualche avventura di quelle che ci sono descritte nel libro incontrava finalmente i famosi mulini a vento… ci si schiantava contro e rimaneva quasi come crocefisso. Mentre agonizzava sulle pale dei mulini la voce di Horacio dalle casse si diffondeva nell'aria e leggeva l'ultima lettera di Ernesto Che Guevara alla madre.

Il pubblico era attraversato da un'ondata di commozione.

Il secondo spettacolo che ricordo era Mascarò, ispirato alla violenza che da sempre domina la scena politica sudamericana. Ricordo dei fuochi, delle immagini, delle catene in fiamme, ma non ricordo un filo narrativo. Ricordo dei personaggi scatenati che scorrazzavano avanti e indietro per la scena sui loro pattini roller. Da brividi.

Il terzo spettacolo era ispirato alla Tempesta di Shakespeare, ma ambientato nel ghetto di Varsavia; anche qui fiamme, canti, cerimonie religiose, un matrimonio… ricordi dei genitori e racconti delle vicende dei nonni al tempo dei pogrom.

Lo spettacolo si concludeva con tutti i protagonisti rinchiusi in una struttura concentrazionaria circondata da torrette sulle quali stazionavano guardie e ufficiali delle SS.


(Teatro Nucleo, Mascarò)


Ricordo che un bambino, alla fine dello spettacolo, quasi con le lacrime agli occhi venne a chiedermi: “Ma perché il capo delle guardie beve un bicchiere di latte?”, Quasi che fosse ferito dal fatto che il capo dei nazisti avesse qualcosa in comune con lui. Io risposi che non lo sapevo e che al massimo potevo accompagnarlo “dal nazista” perché lo chiedesse a lui. Horacio, che interpretava il nazista, accettò di stare al gioco e continuò a recitare la parte anche parlando con il bambino e delirando di purezza, di igiene, di salute, per mantenere la superiorità della razza… Chissà cosa è rimasto nella coscienza di quel bambino di quell'incontro con la follia…

Il quarto era qualcosa di più di uno spettacolo; era una performance ispirata a Fahrenheit 451. Horacio mi aveva spiegato: “Cominceremo il giorno prima (venerdì) facendo delle piccole azioni in città, tanto per suscitare la curiosità (o l'allarme) nei cittadini”.

Infatti verso mezzogiorno, mentre io ero in Comune a discutere con il comandante dei Vigili Urbani il piano di sicurezza per tutta la durata del fine settimana, arrivò un vecchio trafelato e spaventato che, parlando in dialetto stretto, ci spiegò che in città stavano girando delle pattuglie di individui vestiti di nero che stavano presidiando il centro.


(Teatro Nucleo, Fahrenheit)


In un bar avevano arrestato uno che stava leggendo un libro… questi aveva lasciato il libro a un cliente del locale e era scappato a nascondersi in bagno… ma la pattuglia lo aveva inseguito ai servizi, lo avevano arrestato, avevano spiegato agli altri clienti che quell'uomo era stato arrestato per atti osceni in luogo pubblico… “Stava leggendo un libro e quel che è peggio… il libro era un romanzo”. Dopo aver fatto un giro nelle vie del centro, bonificando tutti i locali pubblici, erano stati alla biblioteca comunale, avevano arrestato il bibliotecario, che tutti conoscevano in città… lo avevano portato fuori ammanettato e lo avevano costretto ad assistere a una scena terribile: avevano buttato dalle finestre del primo piano decine di libri che poi avevano cosparso di benzina e a cui avevano dato fuoco con un lanciafiamme. Ricorderò sempre lo sguardo del vecchio, che, a me che lo tranquillizzavo e gli dicevo di non preoccuparsi che era solo uno spettacolo, rispose: “Teatro?! Va bene… ma non fa ridere”...

Il giorno dopo sulla piazza principale del paese il capo delle pattuglie vestite di nero spiegava al pubblico che in quella città si stava svolgendo la prima fase del processo nazionale di abolizione del libro che sarebbe stato sostituito in futuro da apparecchi elettronici che avrebbero distribuito le nozioni e le informazioni che il prossimo regime avrebbe ritenuto opportuno diffondere.

Alla fine del discorso un'enorme piramide di carta veniva data alle fiamme e le fiamme dopo avere distrutto la struttura rivelavano all'interno un enorme e terrificante scheletro ghignante... e finalmente a quel punto il pubblico si lasciò andare ad un applauso lunghissimo e liberatorio.


(Teatro Nucleo, Fahrenheit)


Un ultimo ricordo... la Cora mi raccontò che, mentre recitavano Fahrenheit in Germania, un signore distinto, assistendo alle azioni provocatorie nei bar, nelle librerie, aveva manifestato ad alta voce il suo apprezzamento e il suo sostegno. Aveva seguito le pattuglie vestite di nero nei loro percorsi attraverso le vie del centro, fino alla performance finale, ma a quel punto, resosi conto che era “solo” uno spettacolo teatrale, era andato su tutte le furie, e sentitosi preso in giro e smascherato nei suoi sentimenti più veri aveva spento il suo grosso sigaro sulla fronte della Cora.

Questo aveva fornito materia e argomento per una serie di dibattiti e discussioni che si tennero in città nei giorni successivi.

Permettete che io mandi un bacio alla memoria della grande Cora Herrendorf.







ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI FOGLIEVIAGGI



© Tutti i diritti riservati

Condividi su:

Foglieviaggi è un blog aperto che viene aggiornato senza alcuna periodicità e non rappresenta una testata giornalistica. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. Le immagini presenti sul sito www.foglieviaggi.cloud provengono da internet, da concessioni private o da utilizzo con licenza Creative Commons.
Le immagini possono essere eliminate se gli autori o i soggetti raffigurati sono contrari alla pubblicazione: inviare la richiesta tramite e-mail a postmaster@foglieviaggi.cloud.
© foglieviaggi ™ — tutti i diritti riservati «all rights reserved»