05 aprile 2023

THEATRE DU SOLEIL
LE SALAMELLE
DI ARIANE MNOUCHKINE

di LUIGI ALCIDE FUSANI


(Una scena da Les Éphémères - foto di Michèle Laurent dal sito del Theatre du soleil)


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Ariane Mnouchkine. Un nome che evoca un teatro totale, che coinvolge anche fisicamente gli spettatori. A me, che di teatro mi occupo da quando ho 18 anni (adesso ne ho parecchi di più), evoca anche un profumo di salsicce. E vi spiego perché.

È il 1978. Arriva nei cinema il "Molière" della Mnouchkine. Dura circa quattro ore. Vado a vederlo, e ci torno il giorno dopo, e me lo rivedo anche in televisione quando lo passano in Rai, in quattro puntate. Grazie a questo film, grazie alla Mnouchkine, Molière emerge come un autore immenso. La sua vicenda umana rivela una complessità straordinaria; le sue opere vanno ben oltre le pur geniali farse.

Facciamo un salto indietro di qualche anno.

Ad Abbiategrasso divento direttore del “Festival di mimo e di teatro di strada” del Polo culturale dei Navigli. Decido di dedicare la rassegna agli artisti francesi. Forse è l'occasione buona per far venire in Italia Ariane e il suo Théatre du Soleil.



In quel periodo Il Teatro del Sole aveva in repertorio un lavoro che fondeva la Commedia dell'Arte con le danze orientali. Il tema dello spettacolo era il conflitto tra la Cina e il Tibet. Poteva essere una cosa interessante. Qualcosa di nuovo, sicuramente.

Mi informo. Sì, lo spettacolo si può portare in Italia, ma non per una data sola.

Secondo problema: lo spettacolo non si può fare in strada, ma è necessario un capannone all'interno del quale si possa montare la poderosa macchina scenica.

Terzo: bisogna dare ospitalità, per più giorni, ad almeno una trentina di persone, tra tecnici, attori.

Quarto: il costo della operazione supera enormemente il budget che ho a disposizione.

Dunque, non se ne fa niente. Pazienza.

Una decina d'anni dopo, il 12 luglio – me lo ricordo perché era il mio compleanno – mi chiama la sindaca di Mantova.

“L'anno prossimo saranno dieci anni dell'Arlecchino d'oro”, il premio che viene assegnato agli artisti che hanno dato un contributo importante nel campo della Commedia dell'Arte. “Fino ad oggi, il premio è stato assegnato solo a uomini. Non c'è una donna che si possa premiare?”

“Certo che ce ne sono; la più importante, senza dubbio, è Ariane Mnouchkine”.

“Va bene. Prendi i contatti e vedi se riesci a portarla qui per l'anno prossimo”.

Telefono a Parigi. “Ciao, vorrei parlare con Ariane per proporle di venire a Mantova a ritirare il premio alla carriera... l'Arlecchino d'Oro”.

“Sì, va bene, ma ora Ariane è ad Avignone, sta preparando il debutto del nuovo spettacolo. Ma perché non vai ad Avignone, io la avviso che arrivi... Tu ti vedi il debutto dello spettacolo, e poi avete tutto il tempo che volete per chiacchierare”.


(Ariane Mnouchkine)

La mattina dopo sono in macchina con mia moglie e sto viaggiando verso Avignone. Arrivo nel sito in cui si svolgerà lo spettacolo. Mi incontro con un’assistente di Ariane. Ha parlato con Parigi e sa già tutto. Mi accompagna sulla scena; passiamo in mezzo ai tecnici che stanno montando e arriviamo da Ariane. Mi sembra stanca e un po' trasandata, anche se carica di energia. Molto francese. Ha i capelli tutti bianchi, ormai.

“Eccoci”, dice l'assistente.

“Dunque, io starei per morire?” risponde Ariane senza salutarmi.

“Ma no, perché?”

“Se ti danno un premio alla carriera, vuol dire che stai per morire...”.

Tutti scoppiano a ridere.

“Adesso fagli vedere il suo posto”, dice all'assistente. Poi si rivolge a me: “Tu comincia a vederti lo spettacolo, poi all'intervallo ci troviamo al punto di ristoro e parliamo con calma”.

Il mio posto è nella tribuna d'onore, in mezzo alle autorità. Quando vado a sedermi, mi ritrovo accanto al sindaco di Avignone. Due poltrone davanti a noi c'è Jack Lang, sta parlando animosamente con qualcuno. Lo spettacolo si chiama “Les Ephémères”, gli effimeri, cioè quelli come noi, quelli che si incontrano tutti i giorni, per strada, in ascensore, in ospedale, nel condominio. Si comincia alle sei del pomeriggio, alle nove c'è l'intervallo. Mezz'ora.



Vado all'appuntamento. Ariane, forchettone in mano, sta girando le salsicce, tagliate in due, sulla brace. Una vera yiddish mame.

“C'è da dar da mangiare a tutta questa gente”.

Mi avvicino: “Aiutami che sono in ritardo!”. Lei è travolgente. Non si può dirle di no. “Che devo fare?”. “Taglia il pane... aiutami a preparare i panini...”. Confesso che non me l'aspettavo... preparare i panini con la salamella insieme ad Ariane Mnouchkine.

In due si va via veloci. Un quarto d'ora dopo le salamelle, tutto esaurito.

Comincio a spiegarle di Mantova, l'Arlecchino d'Oro. Mi ascolta con attenzione. Mi chiede in che periodo si dovrebbe svolgere l'evento: maggio-giugno prossimi. “È interessante... dobbiamo vedere, perché in quel periodo ci hanno chiesto di andare in Asia, dovremmo essere in Afghanistan per laboratori e spettacoli. Stiamo pensando di adattare Giulietta e Romeo alla loro realtà. È l'occasione per fare una esperienza molto interessante”. Restiamo d'accordo che ci terremo in contatto. Il secondo tempo finisce a mezzanotte e mezzo. Lo spettacolo è bellissimo; ci lascia un patrimonio di emozioni profonde. È un patrimonio raro, da non disperdere, da conservare con cura.







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