15 maggio 2023

BERGONZI
E LA MALEDIZIONE
DEL 17

di VITTORIO TESTA


(Carlo Bergonzi)


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“Era l’8 Gennaio del 1959.  Cantavo un’Aida  al Metropolitan di New York”. Il racconto scritto è ben moscio. Sentito quasi in “recitar canticchiando” dal tenore più raffinato, cesellatore di arie e recitativi, Carlo Bergonzi, fu invece un’esperienza emozionante. Ecco come si dipana la vicenda che porterà il cantante parmense alla fobìa del 17.

“La sera prima, in albergo, sentivo dei brividi,  al risveglio ancora peggio. Resto in camera perché la recita è la sera e ho tempo fino alle… 17’’. Bergonzi chiama l’ascensore, scopre guardando la scritta di aver alloggiato diversi giorni, senza farci caso,  al 17° piano. Paga il conto: “1.717 dollari, arriva il taxi: numero 17, il tachimetro segna 17 dollari quando mi sbarca davanti al Metropolitan’’, ricordava Bergonzi: “Allungo il dovuto della corsa al tassista,  più la mancia che per tradizione sarebbe il 10 %: cioè 1 dollaro e 70 centesimi. Gli aggiungo 2 dollari in più per farla finita con questa persecutoria “diciassettite’’. Ma no, poi mi dicevo, sono tutte fandonie, è il destino che sta già scritto, altro che il  17! Arrivo in teatro, sto benissimo, faccio i vocalizzi, perfetti. È una serata in onore dei Reali del Belgio, c’è l’atmosfera  dei cosiddetti eventi, autorità, eleganza, appassionati”.



Maurizio e Marco Bergonzi, miei amici da sempre, avevano convinto il padre a svelarmi il rito del “bacio fisarmonica portabuono’’. Due ore prima dello spettacolo, Bergonzi, devoto assiduo di Sant’Antonio da Padova, è già nel camerino e prepara la controffensiva scaramantica: appende sullo specchio una statuetta a ciondolo e un cornetto rosso napoletano scacciajella. Quando manca mezz’ora, vuole restar solo e sussurra un bacio a ciascuna delle sette immagini custodite in un portafotografie a fisarmonica: ‘’I suoi genitori, nostra madre, noi due figli, i genitori di nostra madre e un santino benedetto raffigurante Sant’Antonio da Padova’’, raccontano i figli. Ma quella sera Sant’Antonio o qualcun altro gli dà buca.

“Entro in scena”, rammenta Bergonzi: “Ramfis va dal re a comunicargli il response della Dea Iside. E adesso tocca a me scolpire il recitativo di Radames: ’’Se quel guerrier io fossi!!!’’: ma non esce nulla dalla mia gola, soltanto suoni gutturali. Sono afono. Continuo mormoricchiando qualcosa. Mi aspetto una bordata di fischi e mi dico “O mio bel pirla di un Carlo, stasera ti sei giocato il Metropoltan’’. Invece, generosissimo, il pubblico mi manda un applauso di incoraggiamento’’. Dunque mai più in scena di 17? “Certo ho annullato una recita di Aida all’Arena di Verona’’, diceva sorridendo ma non troppo il simpatico Bergonzi, “un debutto al San Carlo di Napoli e uno all’Opera di Roma’’. Ma le sette fotografie? “Quelle non c’entrano’’, disse deciso Bergonzi: “E poi, scusi, non mi è mai nemmeno sfiorata l’idea di mettermi contro Sant’Antonio. Oppure… mia moglie’’.











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