I premi ai giornalisti
e la Maison de l'Europe

di MADDALENA TULANTI

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Potrebbe essere un’idea quella di chiedere alla Befana di portarci in dono una dose rafforzata di europeismo.

Ma come, vi starete chiedendo, gli italiani sono i più caldi amanti dell’Europa unita. Vero. Ma anche falso. Spesso siamo europeisti a parole, ma nei fatti siamo più che disattenti (e che nessuno lo addebiti al nostro carattere nazionale).

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Prendete la Francia. Ogni anno – da quasi venti – il 13 dicembre, si premia a Parigi, nel bellissimo municipio, quell’Hotel de Ville ricostruito tale e quale dopo che i rivoluzionari della Comune lo bruciarono nel 1870, il giornalista o comunque chi nella comunicazione si è distinto perché ha saputo occuparsi e diffondere in maniera chiara e convincente le decisioni dell’Europa. E’ accaduto anche questo anno. Si chiama pomposamente, ma non erroneamente, “Prix de l’initiative européenne”, e quest’anno sono stati premiati giornalisti di siti, di radio e di tv, mentre un premio speciale è stato dato alla presidente della commissione Ursula von der Leyen proprio per la sua capacità di comunicare in modo chiaro le decisioni europee in tempi di pandemia.

Insomma a colpire non è tanto il fatto che esista il premio (quest’anno una bella scultura in vetro), ma è la tenacia con la quale i francesi accompagnano, anche con piccole cose come questa, la convinzione che il ruolo dell’Europa è tanto più forte se viene percepito dai singoli europei. E chi lo può fare meglio dei diffusori delle notizie (giornalisti e affini) essendo essi in prima linea?

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Fra l’altro il “Prix” è organizzato da una istituzione che si chiama, guarda caso, la “Maison de l’Europe”. Ora di queste “Maison” ce ne sono in Francia quasi tante quante sono le città. Abbiamo fatto una ricerca se esistesse anche in Italia una istituzione del genere. Ma sotto “Casa dell’Europa” abbiamo trovato di tutto tranne una cosa simile a quella francese. Può darsi che siamo stati sfortunati o disattenti. Ma al momento non siamo al corrente che esistano dalle nostre parti istituzioni piccole o grandi che diano premi per la capacità di promuovere in maniera chiara le decisioni prese a Bruxelles.

Forse potrà apparire una piccola cosa, e forse lo è, ma se si cominciasse a seminare fin dalle scuole lo spirito europeo in questa maniera, magari premiando non solo i diffusori delle notizie, ma gli studenti stessi, non dovremmo inseguire di tanto in tanto chi si mette in testa che le istituzioni europee siano inutili e vadano abbandonate o cancellate.

Non che i francesi non abbiano i loro demagoghi anti Europa, figuriamoci. Ma l’impressione è che in Francia circolino argomenti più forti di quelli della pancia anche quando non si è d’accordo con le misure di Bruxelles. Cioè anche gli anti europeisti sembrano più consapevoli perché usano fatti e non solo parole. Questo può essere un problema, ma non in democrazia. I fatti possono essere smontati, cosicché le parole, per quanto dure e infuocate, non possono che seguirne il destino. Cioè cancellate pure loro.



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