MAREMMA MISTERIOSA
IL DESTINO IN ABBAZIA
E L'OLIVO DELLA STREGA

Appena si lasciano alle spalle Pescia Fiorentina e il borgo di Capalbio, la strada si insinua nel cuore della Maremma grossetana fatta di strade strette tra uliveti, lecceti e querceti, piena di vecchi casali e muri in pietra. Se imboccate la strada provinciale della Sgrilla e poi dello Sgrillozzo, per immettervi in quella di Sant’Andrea, in dieci minuti arriverete alla chiesa di San Bruzio, (originariamente San Tiburzio) in aperta campagna, a 2 chilometri dal borgo di Magliano in Toscana, in cima a un’altura in mezzo agli ulivi.
San Bruzio aveva la pianta a croce latina e fu costruita dai monaci Camaldolesi dell’Ordine di San Benedetto intorno all’anno 1000. Oggi rimangono solo l’abside, il transetto e la struttura ottagonale che sorreggeva un’imponente cupola. Su qualche capitello dei pilastri rimasti si notano decorazioni con foglie e teste antropomorfe in stile romanico lombardo, inusuale per la Maremma.
La chiesa è un luogo particolare come la sua stessa leggenda.
Si racconta che qui appaia il Destino e che, quando si ha la fortuna di incontrarlo, ogni desiderio venga esaudito.
La storia narra di una giovane innamorata che andò a pregare il Destino per salvare la vita dell’uomo che amava. La richiesta venne accolta perché era sincera, ma dopo poco la donna tornò a consegnare la propria vita, come prezzo da pagare per aver cambiato il fato del suo innamorato. Fu accontentata, ma si dice che l’ombra del giovane, colma di rimorso, torni a piangere presso il monastero supplicando di riavere indietro la sua amata. Il Destino è per legge divina immutabile e San Bruzio non aiuta i cuori impuri, tanto meno chi piange sul male fatto.
Altre storie drammatiche sono legate all’abbazia. Si dice che qui venissero a partorire le suore che restavano incinte, violentate o coinvolte in rapporti clandestini, perché questo era l’unico luogo in cui, dopo aver tenuto nascosta la gravidanza sotto grosse tuniche, nessuno avrebbe sentito le urla del travaglio. Le suore lasciavano i bambini alle famiglie che ne chiedevano l’adozione e che garantivano venisse mantenuto il segreto.
Poco oltre l’Abbazia di San Bruzio si trova Magliano in Toscana, l’antica Heba di origine etrusca, circondata da una cinta muraria edificata tra il tardo Medioevo e il periodo rinascimentale; una delle fortificazioni più complete della Maremma. Le mura sono state restaurate recentemente e si può percorrere un tratto del camminamento della ronda, con una vista che arriva dal Parco della Maremma fino al mare. Le mura sono interrotte da tre porte: Porta San Giovanni, la più antica, Porta San Martino e Porta Nuova.
Fuori dalla porta di San Giovanni c’è la piccola chiesa della Santissima Annunziata, che in origine era un piccolo oratorio. Nella prima metà del 1300 qui vissero i Padri Serviti o Servi di Maria. Nel 1600 lasciarono il convento, come risulta dagli annali dell’ordine: "Non trovandosi, per l'aria insalubre, i frati che dalla città volessero andare ad officiare, diverrà sede di soggetti discoli e meritevoli di pena". Fu allora che la comunità Maglianese concesse il convento ai Frati Agostiniani, che cacciarono i "soggetti discoli".
Sulla porta laterale della chiesa c’è il simbolo ebraico della stella di Davide, messo in tempi recenti a dispetto del parroco per una vecchia diatriba, che si racconta in paese, tra il parroco e il farmacista; una sorta di Peppone e Don Camillo.
Dietro la chiesa c’è l'Olivo della strega, facile da individuare anche se non fosse segnalato. È una pianta antichissima, di 3000/3500 anni, uno degli alberi più vecchi d’Italia, ancora più vecchio di quello del Getsemani.
La vecchia ceppaia, con il passare dei secoli, ha assunto una forma così particolare che basta uno sguardo per capire immediatamente l'entità della sua età. Il fusto ha una circonferenza di 8 metri e mezzo, la sua altezza arriva a 10 metri. L'ampiezza era tale che nel ‘900, un lunedì di Pasqua dopo la seconda guerra mondiale, sotto le sue fronde si è esibita l’intera filarmonica del paese di Magliano, di 40 elementi. Il nome invece risale al medioevo. Sembra che una strega lo avesse scelto per i riti sabbatici del venerdì, ma ci sono anche altre versioni. Una sostiene che intorno a quest’ulivo si trovassero, nella notte di San Giovanni, tutte le streghe della Maremma che insieme a fauni e centauri celebravano il solstizio d’estate.
L’albero si presenta con due tronchi: uno antico, da anni ormai morto, che ha creato una base gigantesca, e il nuovo pollone, il prolungamento dell’antico albero, di circa due secoli. La pianta è ormai un monumento ed è stata creata una recinzione per garantire la protezione ed evitare che le persone possano asportare frammenti di tronco o danneggiarla.
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