IL VENETO.
MOLTO OLTRE
VENEZIA

Un paio di settimane prima del mio arrivo, a Thiene c’era stato lo “Spaventapasseri Festival” e molti dei graziosi manufatti erano rimasti ad abbellire i giardini tra il Castello e il Municipio. Ma al primo incontro ero stanca del viaggio e avevo dato un’occhiata veloce, per fiondarmi al vicino baretto e iniziare il soggiorno con un meritato aperitivo.
Con la prima consumazione ho scoperto la grande varietà di “bolle, bianchi e rossi” da gustare al bicchiere, la loro relativa economicità e pure il fatto che qui nella laboriosa terra veneta, a differenza che al sud, le consumazioni si pagano subito, appena portate al tavolo, la qual cosa mi pare una pragmatica abitudine, sgravando i camerieri dal tener d’occhio gli avventori e gli avventori dal dover attendere il conto. Altra differenza è che qui raramente si consuma in piedi, al banco, forse perché il servizio ai tavoli non ha sovrapprezzo.
Chiarite queste fondamentali questioni, che poi sono tornate utili anche nei giri per le altre località visitate durante il weekend, il giorno dopo ho iniziato la mia conoscenza di questa graziosa cittadina dell’Alto Vicentino scoprendo che all’alba si avverte odore di stallatico. È questa infatti una zona di storico allevamento di bovini, ovini e suini, e lo stesso Castello Colleoni altro non era che una residenza di campagna, con la fattoria, le colombare e le serre racchiuse da scenografiche mura di cinta merlate.
Su Thiene veglia il monte Summano, che è una eccezionale riserva di biodiversità, e pure San Gaetano, detto da Thiene anche se nato a Vicenza. Il “santo della provvidenza”, cui è dedicato il duomo, nel periodo della Controriforma girò mezza Italia combattendo peste e carestia, fondando diversi ospedali degli Incurabili e, a Napoli dove morì, anche un monte di pietà.
Di antiche origini romane, oggi Thiene è un’accogliente e graziosa cittadina, che ha il suo salotto buono nella bella piazza Chilesotti con l’immancabile torre civica e la loggia del monumento ai caduti. Sfoggia le facciate dei palazzi d’epoca ricche di decorazioni, fregi e ricamate ringhiere, l’austera cattedrale, il teatro comunale in stile liberty e una complessiva aria di decoro e di eleganza, sia quando la si percorre nell’ineguagliabile luce dell’alba, sia quando al tramonto è tutta un passeggio e un chiacchiericcio ai bar degli aperitivi. Uno dei quali, il Bar Buzzolan su piazza Chilesotti nasconde al suo interno una architettonica sorpresa…
La vicina Marostica, “territorio da amare, vivere, visitare” ha però una marcia in più essendo famosa per la “partita a scacchi a personaggi viventi”, che quest’anno torna a svolgersi in settembre, dopo due anni di stop causa Covid.
La piccola cittadina posta al centro della Pedemontana Veneta lascia soprattutto stupiti per le possenti mura scaligere che collegano il Castello inferiore a quello superiore e per l’Opificio, unica sopravvissuta delle trenta fabbriche di cappelli di paglia attive all’inizio del secolo scorso e oggi facente parte del patrimonio di archeologia industriale vicentina.
Nella pavimentazione dell’enorme piazza Castello, che d’estate accoglie il Summer Festival, spicca la scacchiera dove si svolge la partita coi figuranti in costume, e tutto il centro storico coi portici, le chiese e diversi bei palazzetti d’epoca, risulta molto gradevole ed elegante.
Ad allargare il giro si incontra la natura che offre escursioni, piste ciclabili, passeggiate e prodotti tipici. Ma si può mangiare bene anche restando in centro, all’Osteria Madonnetta, al cui interno, su richiesta, è possibile visitare una riproduzione in legno, ottenuta da un unico albero, dei due castelli e delle mura. Oltre a bigoli, polenta, Asiago, trippa e naturalmente baccalà, è possibile assaggiare i rosoli di loro produzione, tra cui quello buonissimo alla ciliegia.
Bassano del Grappa, medaglia d’oro al valor militare per il coraggio e le perdite umane durante la seconda guerra mondiale, città degli Alpini per eccellenza e per riconoscimento degli stessi, trova la sua icona nel famoso Ponte Vecchio che pare risalga alla fine del XII secolo e il cui attuale disegno è quello firmato da Andrea Palladio.
È un ponte in legno, coperto, lungo quasi 60 metri, che dà l’idea di un larghissimo portico dove passeggiare, solo che anziché le vetrine dei negozi si ammirano l’impetuoso fiume Brenta, i colori del cielo e le belle cortine di case che vi si affacciano.
Proprio vicino al ponte c’è il Museo Poli della grappa che, anche se con chiari intenti pubblicitari e di vendita, rappresenta un’ottima occasione per approfondire la storia del distillato di cui Bassano è naturalmente la capitale.
La passeggiata in centro, a partire dalla bella piazza Libertà, racconta tra palazzi, torri e logge tutta l’antica storia di questa città, ma la visita non può dirsi completata senza un affaccio alla Libreria Palazzo Roberti: due piani - e un giardino - di libri ospitati in una elegante dimora storica. Da non perdere.
È tutta una questione di “panni alti” e di Roggia Maestra (un canale artificiale indispensabile all’attività delle fabbriche) quella che definisce la città di Schio, avamposto della pre industrializzazione in questa zona.
A partire da quando Vicenza nel 1701 concesse a Schio la possibilità di produrre tessuti di buona qualità fino al monumento “Ai suoi Tessitori” voluto da Alessandro Rossi, qui c’è la storia dell’industria tessile che attraverso soprattutto le famiglie Conte e Rossi ha orientato lo sviluppo economico e sociale di tutta l’area.
Con alle spalle le vette delle Piccole Dolomiti, il paesaggio di Schio è fortemente caratterizzato dal percorso dell’archeologia industriale, con la Fabbrica Alta, il Lanificio Conte, il Giardino Jacquard.
Edifici oggi dismessi che contrastano con il centro storico fatto di strade strette, bassi palazzi con le imposte in legno, portici e gallerie, portali antichi, una città che Hemingway definì (forse stordito da un cocktail di troppo) “uno dei più bei posti al mondo”.
Ma non si può lasciare la terra di Palladio senza aver visto almeno una villa, e la sorte - o la logistica - mi porta nella prima delle ville realizzate dal grande architetto, la Godi Malinverni a Lugo di Vicenza. La giornata bellissima, i pochi visitatori, la natura e l’architettura che duettano con eleganza: tutto concorre a trasportare il visitatore in un’atmosfera di grazia e di bellezza d’altri tempi.
Le lineari forme dell’edificio, la scalinata centrale, le ricche decorazioni delle sale interne e la vista che dal piano nobile spazia aperta sui giardini ben curati, la pianura, la dirimpettaia Villa Piovene e il monte Summano mettono il cuore in armonia con il creato. Qui, volendo, oltre a fare ricevimenti per feste importanti si può anche prenotare un tavolo per cenare sotto il porticato.
Sul treno che mi riporta a casa penso che, almeno a giudicare da questa piccola porzione di territorio, il Veneto è tanto, non solo perché è la quarta regione più grande d’Italia ma perché tra storia, memorie di guerra e architettura, tra mare, montagne e laghi, tra città d’arte, piccoli borghi, terme, ville, musei e ottima enogastronomia è un microcosmo a cui non manca nulla.
Ma altri ragionamenti devono aver fatto gli esperti della promozione turistica della regione, se hanno scelto come claim della comunicazione “Veneto, the land of Venice”.
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