CARNE ETICA
LA 'FINE DOLCE'
INVECE
DEL MACELLO

di FABIO ZANCHI

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Il sogno è nato in Svezia. Poi si è diffuso in Borgogna, in Germania ed è arrivato anche dalle nostre parti, a Lana, in Alto Adige. Non dappertutto ha avuto la stessa fortuna, ma ovunque ha lasciato il segno. L’esperienza di Émilie Jeannin, pur essendo quella che è durata di meno – all’incirca tre anni – vale la pena di essere conosciuta.

Émilie è un’allevatrice di vacche Charolaises, quelle tutte bianche o color crema, possenti, dal bel muso rosa, di carne assai pregiata, per intenderci. Lei si definisce allevatrice militante: “Éleveuse militante”, per la precisione, “per vacche e contadini felici e numerosi”. Dalla Côte d’Or, cuore verde della verdissima Borgogna, dove risiede, nel 2021 ha avuto l’idea di cambiare la macellazione dei bovini. Lo spunto lo ha preso dall’esperienza svedese, a lungo studiata. A un certo punto della sua esperienza di allevatrice, tutta incentrata sul benessere degli animali, si è posta il problema di cambiare le consuetudini fino a quel momento seguite da tutti. Motivo: “Il trasporto e la macellazione tradizionali rovinano il lavoro dell’allevatore”.


(Emilie Jeannin © Confédération paysanne)


In effetti, le vacche condotte ai macelli, come sanno tutti quanti lavorano nelle campagne, vivono l’ultimo tratto della vita in condizioni di stress estremo. Appena arrivano all’ultima tappa, quasi subodorando il proprio destino si agitano, recalcitrano per la paura che li assale, tentano in tutti i modi di ribellarsi. Ciò ha effetti negativi anche sulla qualità della carne. Di qui l’idea di assicurare agli animali una fine più dolce, meno traumatica. Invece di portare gli animali al macello, Émilie ha deciso che sarebbe stato meglio macellare sul posto, nelle fattorie dove erano felicemente cresciuti. Una via etica, più rispettosa dei loro diritti, assicurata anche da una legge alimentare del 2018.

È così che l’allevatrice ha raccolto i fondi per l’attrezzatura. Partita con 600mila euro elargiti da sei investitori privati, ha messo su una squadra di tredici collaboratori, acquistato e attrezzato camion e furgoni speciali. Con questi mezzi, dopo cinque anni di preparazione, ha cominciato a girare per le fattorie degli allevatori d’accordo con la sua impostazione. Il metodo ha effettivamente cambiato la prospettiva. Le vacche destinate alla macellazione venivano raggiunte direttamente sul campo. Il furgone, all’interno del quale veniva sistemato il mangime, era lasciato aperto in modo che l’animale vi salisse senza essere spaventato. Una volta a bordo, sotto il controllo di un veterinario, veniva sedato e infine preparato alla macellazione. Il marchio “Le Boeuf éthique” di Émilie Jeannin per anni ha garantito, secondo programma, “alimenti di qualità, tracciabili, filiere corte”. Benessere degli animali da una parte, salvaguardia della qualità dall’altra. Almeno in apparenza, c’erano tutte le garanzie perché un’esperienza del genere potesse prosperare.


(L'allevamento di Jeannin - foto archivi LBP, Fabrice Dedieu)


E invece, qualcosa è andato storto e nel giro di pochi anni Émilie ha dovuto rinunciare, dichiarando fallimento. Il 21 febbraio di quest’anno il sogno è sfumato. Probabilmente molto ha giocato anche il fatto che, ad avere questa idea, è stata una donna, in un settore a prevalenza maschile. Il macello mobile resta però un’esperienza positiva, che non ammette ripensamenti: “Se dovessi farlo di nuovo – dice – lo rifarei. Anche solo per dimostrare che è possibile”. Altrove le cose sono andate diversamente. E ancora l’esperienza viaggia con ottimi risultati. L’esempio a noi più vicino è quello di Alexander Holzner, macellaio di Lana, in Val d’Adige. Anche lui si batte per “il benessere animale e una macellazione dignitosa”. Figlio d’arte, ha cominciato da giovane affiancando il padre nell’attività di famiglia. È uno dei rappresentanti più convinti della linea etica. Uno dei suoi autori preferiti è il filosofo Richard David Precht, il cui libro “Gli animali pensano” è alla base della difesa dei diritti degli animali.


(Alexander Holzner)


Come faceva Émilie, anche Holzner macella andando negli allevamenti nei masi della zona. Uguale la procedura, in modo che le vacche non si accorgano della morte imminente. “Per me – ha detto Holzner in una intervista - è importante come viene trattato l’animale. Gli allevatori che ci riforniscono sono tenuti a garantire un trattamento del bestiame adeguato alle esigenze della specie, dalla scelta dei mangimi alla libertà di movimento degli animali. Dovremmo essere sempre consapevoli che abbiamo a che fare con esseri senzienti, capaci di provare dolore ed emozioni”. Ci si compiace che esistano leggi a tutela della buona morte degli animali. Segno di autentica civiltà. Deprime, al contrario, constatare che, almeno da noi, altrettanto non sia ancora garantito per l’uomo.





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