TOXIC TOWN

di Fabio Zanchi |

LA FRASE – “Questa città è un gorgo di morte, non affogarci dentro”



La polvere rossa prodotta dall’acciaieria ricorda quella dell’impianto di Taranto. L’impatto velenoso sui neonati riporta alla memoria casi atroci come quelli della diossina di Seveso e dell’amianto di Casale Monferrato. Ma non siamo né a Taranto né a Seveso né a Casale. Lo scandalo ambientale raccontato da “Toxic Town”, serie in quattro episodi su Netflix, è quello di Corby, cittadina del Northamptonshire, nelle East Midlands. Un caso realmente accaduto, a partire dalla fine degli anni Ottanta.

Protagoniste, un gruppo di madri che, dopo aver partorito bambini con gravi malformazioni, si unirono in lotta contro i responsabili della contaminazione della città. Una vicenda alla Erin Brockovich, che tiene incollati al video sia per il tema, comune e denso di pericoli assai familiari, sia per la bravura e credibilità dei protagonisti.



Era il 1980 quando l’acciaieria di Corby spense gli altoforni e lasciò a piedi, di punto in bianco, undicimila lavoratori. Per uscire dalla crisi, la maggioranza del Consiglio comunale guidata da uno spregiudicato Brendan Coyle puntò tutto sulla riconversione del sito industriale. Là dove c’era l’acciaieria con i suoi fumi sarebbe sorto un insediamento dal nome fortemente evocativo: Wonderworld. A patto, naturalmente, di far presto. Anche e soprattutto con i fastidiosi e impegnativi lavori di bonifica. Di qui l’organizzazione di una spola incessante di camion sui quali caricare il materiale contaminato. Di qui, addirittura, il premio a quei camionisti che si impegnassero a fare più corse degli altri. Di qui, ancora, l’assoluta ignoranza di tutte le norme di sicurezza: niente teloni, su quei camion che dovevano bruciare i tempi; del tutto trascurato l’obbligo di lavare le gomme dei mezzi pesanti prima che uscissero dal cantiere. Il risparmio di tempo era l’unico imperativo, per tutti.



Le conseguenze di una condotta tanto scriteriata si videro ben presto. I terreni tutt’intorno alla fabbrica furono inquinati. Così l’acqua nelle case. E l’aria, avvelenata dalle tonnellate di rifiuti tossici accumulati in una vicina discarica. La bonifica aveva diffuso ovunque arsenico, zinco, cadmio. L’andirivieni dei camion non protetti aveva contribuito a spargere veleni ovunque. A farne le spese, alcune madri della cittadina. Nascono bambini con deformazioni alle mani, o a un piede. Altri muoiono a pochi giorni dalla nascita.

Sono le madri a notare la diffusione dei casi e a decidere di muoversi. La più attiva, Susan McIntyre, si rivolge a un avvocato. È grazie a lei, alla sua determinazione, che le donne si uniscono e 19 casi arrivano in tribunale. Sarà una lotta dura, perché nessuno ammetterà le proprie responsabilità, soprattutto il Consiglio comunale farà resistenza.



La fine arriverà soltanto nove anni dopo: non ci saranno condanne, ma alle famiglie colpite verrà riconosciuto un indennizzo di 14 milioni di sterline.



Il racconto è incalzante e ha il merito di non scadere mai nel patetico. Anzi, la regia di Minkie Spiro, basata sulla storia di cui è autore Jack Thorne – una formazione da giornalista a Today.it – ha salde radici in un linguaggio aderente alla realtà. Uno dei pregi di questa serie è la scelta delle facce. Non ce n’è una sbagliata. Susan è interpretata da Jodie Whittaker (già in Doctor Who e in Black Mirror). Accanto a lei Aimee Lou Wood (The White Lotus3 e Sex Education), chiamata a reggere la parte di una madre che perde la prima figlia, ma trova la forza di partecipare alla lotta delle altre, pur essendo esclusa dal processo: dunque anche dal risarcimento. Nella parte del consigliere comunale che si ribella alla prepotenza della maggioranza menefreghista c’è Robert Carlyle, sì proprio quello di Full Monty. L’avvocato, gentile e vincente, è Rory Kinnear, presenza fissa accanto a Daniel Craig nei film di James Bond.



Con Toxic Town, di produzione inglese come la recentissima Adolescence, autentico capolavoro che ha stimolato riflessioni profonde nel mondo degli adulti con figli, Netflix ha alzato di molto l’asticella nel campo delle serie televisive di qualità.





LA SERIE



Quattro episodi da 60 minuti, su Netflix

PERSONAGGI e INTERPRETI



JODIE WHITTAKER è SUSAN McINTYRE

AIMEE LOU WOOD è TRACEY TAILOR

ROBERT CARLYLE è SAM HAGEN

RORY KINNEAR è DES COLLINS

ROY THOMAS è BRENDAN COYLE