ACAB - LA POLIZIA
TRA DUE FUOCHI

di Fabio Zanchi |



LA FRASE – “Quando tocchi il fondo, mica ti risollevi. Lì rimani.”


009

Accompagnate dalle polemiche sullo scudo penale che il centrodestra vorrebbe a difesa delle forze di polizia, scorrono le immagini degli scontri tra gli agenti in tenuta antisommossa e i No Tav della Val di Susa. Volano manganellate e bombe carta. Le prime sono vere, le seconde rievocano scontri davvero accaduti. Arrivano sugli schermi le fasi e le frasi violente dell’inseguimento che al Corvetto si è concluso con la morte di Ramy Elgaml, seguite dagli scontri di Torino. Anche lì manganellate, petardi, vetrine spaccate, poliziotti all’ospedale e manifestanti identificati e denunciati.


005

Altre immagini violente si alternano. Sono quelle di Acab, nuova serie televisiva. Molto realistica e proposta con grande tempismo, visto ciò che accade nelle piazze italiane, da Netflix.


014


002

Fanno effetto, quelle immagini, girate sotto la regia di Michele Alhaique. Se non si riconoscesse alla prima occhiata la faccia di Marco Giallini, nella divisa di “Mazinga”, ossia il sovrintendente Ivano Valenti del reparto Mobile Roma, si direbbero veri scontri di piazza.


017

Fa effetto, anche, scendere in metropolitana e trovarsi di fronte la scritta ACAB (All Cops Are Bastards) tracciata con lo spray rosso sul testo del giuramento del celerino: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell’interesse dell’Amministrazione per il pubblico bene”. Efficace, così com’è efficace questa serie, nel racconto del dilemma che affligge chi indossa quella divisa. Che si riassume nella domanda: dove sta il confine, nell’uso della violenza, per chi ha titolo per praticarla?


001

Il tema era già stato affrontato nel 2019 nel film di Stefano Sollima, protagonista sempre Giallini. E prima ancora, nel 2009, da Carlo Bonini, giornalista, autore del libro che ha ispirato film e serie attuale di cui Bonini è anche uno degli sceneggiatori. Gli altri sono Filippo Gravino, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini.


004

Il realismo è uno degli elementi che concorrono a rendere credibili i sei episodi proposti da Cattleya e RaiCinema. C’è realismo nella complicata gestione di piazze a rischio, come il cantiere Tav della Val di Susa, dove perderà l’uso delle gambe il comandante Fabrizio Nardi, colpito da una bomba carta e dove sarà pestato a morte uno dei giovani che protestano. C’è, ancora, nella guerriglia scatenata dagli hooligans in via del Corso, nella lotta della popolazione contro una discarica, così come nel racconto di una protesta di quartiere contro la concessione regolare di un appartamento a una povera immigrata con figli piccoli. Tutte scene molto familiari a chiunque.


015

È tuttavia più nel profondo che scava, questa serie. Prima di tutto nel contrasto tra una gestione muscolare dei conflitti, sostenuta da Giallini al comando della sua squadra, e una più “riformista” di cui è portatore Adriano Giannini, nei panni del nuovo capo imposto dall’esterno, Michele Nobili.


011

Il contrasto tra i due vedrà momenti di scontro piuttosto robusti. Ma quando Nobili si troverà a fronteggiare il problema della propria figlia violentata, la distanza con Giallini – sotto accusa per l’aggressione al giovane No Tav - si ridurrà parecchio.


013

Ogni componente della squadra ha un problema personale con cui fare i conti e da risolvere insieme alle dinamiche complesse che un lavoro come quello del poliziotto deve affrontare ogni volta che indossa la tenuta antisommossa. Da questo punto di vista, Acab riesce a smitizzare la figura del “celerino figlio di puttana” – come loro stessi si canzonano – per recuperare una dimensione umana, che dovrebbe spiegare molte cose, anche se niente riesce a giustificare gli eccessi. “Voi siete uomini dello Stato”, ricorda il magistrato a Mazinga indagato per il No Tav massacrato di botte, “Una differenza fra voi e loro deve esserci”.


018

Tutti gli interpreti danno buona e convincente prova di sé. Soprattutto Valentina Bellé, chiamata a fare la madre di una tredicenne. Marta, così si chiama il suo personaggio, è separata dal compagno, che la picchiava. Con lui dovrà dividere la figlia, a turno, pur avendo il sospetto che l’uomo, che ora vive con un’altra, sia ancora quel violento che lei ha lasciato. Ma non sarà il solo problema che la giovane poliziotta si porta dentro. E Bellé riesce a rendere molto bene la complessità del suo personaggio.


003

Un difetto c’è in questa serie. Ed è piuttosto grande, perché ha a che fare con un modulo espressivo che sembra molto in voga nei prodotti italiani. Gli attori, quasi tutti, parlano a mezza bocca. A tratti farfugliano. Se poi si aggiunge che in Acab la lingua prevalente è il romanesco, si può immaginare la fatica dello spettatore. Il tasto del volume, sul telecomando, è sollecitato oltremisura. Peccato. Arriverà il momento che le serie italiane dovranno essere doppiate


006



LA SERIE



Sei episodi, da 42 a 61 minuti, su Netflix

PERSONAGGI e INTERPRETI



IVANO VALENTI (MAZINGA) è MARCO GIALLINI

MICHELE NOBILI è ADRIANO GIANNINI

MARTA SARR I è VALENTINA BELLÉ

SALVATORE LOVATO è PIERLUIGI GIGANTE

PIETRO FURA è FABRIZIO NARDI

ANNA FURA è DONATELLA FINOCCHIARO