16 NOVEMBRE 2022


GRAN SASSO LAB
LA SCIENZA
NEL CUORE
DELL'ABRUZZO

testo e immagini di GABRIELLA DI LELLIO


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Che il massiccio del Gran Sasso sia il più importante dell’Appennino non è un mistero. Quel che pochi conoscono davvero è cosa nasconde. L’effetto matrioska inizia dal Traforo, unico collegamento, insieme alla A25, tra la costa adriatica e tirrenica. Quando si percorre quel tratto di autostrada in direzione L’Aquila-Roma, nei pressi di Isola del Gran Sasso, dopo un ultimo sguardo lanciato in alto verso il paretone innevato di Corno Grande, viene quasi spontaneo abbassare la testa per entrare in galleria: una bocca lunga 10 chilometri che attraversa la montagna.





Verso la metà del tunnel, un restringimento di corsia con segnaletica e luci lampeggianti invita a ridurre la velocità, e i più procedono distrattamente cercando di superare il tratto che rallenta la corsa. Sul lato destro della corsia si intravede una porta blindata: è l’accesso ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), uno dei quattro dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Quello che oggi vi racconteremo.

L’idea di dotare l’INFN di laboratori sotterranei si sviluppò nel 1979, sotto la presidenza del professor Antonino Zichichi. Le operazioni di scavo iniziarono nel 1982 e i laboratori furono istituiti nel 1986 La costruzione beneficiò di lavori già in corso per la realizzazione della seconda canna del Traforo.





I LNGS, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, sono finanziati dall’INFN, ente nato nel 1951 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Roma, Padova, Torino e Milano per proseguire la ricerca scientifica iniziata negli anni ’30 con Enrico Fermi. Comprendono una struttura esterna e una sotterranea. La parte esterna si trova all’uscita del casello di Assergi dell’autostrada A24 Roma - L’Aquila -Teramo.



È una vera e propria cittadella con uffici direzionali, laboratori di supporto all’attività sotterranea, locali di montaggio di parti di esperimenti, un servizio di calcolo, una biblioteca, un bar-mensa, un locale infermeria e diverse sale per conferenze. È collegata al laboratorio sotterraneo tramite un bus-navetta che viaggia a ciclo continuo ogni 20 minuti per l’intera giornata. In caso di emergenza notturna, i ricercatori sono autorizzati ad entrare con i propri mezzi.





“I laboratori del Gran Sasso” - spiega la fisica Alessia Giampaoli del servizio relazioni esterne e divulgazione scientifica - “sono un luogo sotterraneo in cui si svolgono esperimenti alla ricerca di eventi classificati come rari, che necessitano di un bassissimo rumore di fondo, dove vibra il silenzio cosmico. In altre parole, in questo spazio sotterraneo il numero di particelle proveniente dall’interazione dei raggi cosmici è milioni di volte inferiore rispetto all’esterno e quindi un luogo ideale per gli esperimenti di fisica delle particelle al riparo dalla radiazione cosmica: i 1400 metri di roccia sovrastante creano l’ambiente adatto al particolare tipo di ricerca di neutrini, materia oscura e astrofisica nucleare.”

“I nostri laboratori sotterranei sono i più competitivi” - spiega ancora Giampaoli - “non solo per la qualità del servizio offerto e per la collocazione geografica (a soli 100 chilometri da Roma) ma per la facilità di accesso tramite autostrada, attraverso la bretella autostradale dedicata. La scelta del Gran Sasso è legata alla conformazione della montagna che permette di schermare i laboratori uniformemente da tutte le angolazioni: ogni punto dei laboratori sotterranei ha almeno 1400 metri di roccia di isolamento in ogni direzione. Sulle Alpi, più strette e più alte, non sarebbe stato possibile. L’altra caratteristica determinante nella scelta del luogo è il tipo di roccia dolomitica, che ha un basso contenuto di radioattività naturale e crea un ambiente ideale per la condizione di silenzio cosmico.





Nel mondo esistono altri laboratori sotterranei ricavati riutilizzando ex-miniere, con accesso tramite ascensori verticali, simili ai vecchi montacarichi, che richiedono qualche ora per scendere o salire, rendendo difficoltoso il montaggio degli esperimenti di grandi dimensioni e lo spostamento di chi opera in quei luoghi. Esistono anche laboratori sott’acqua, sul fondo del Mediterraneo, al largo della Sicilia (partecipato dall’INFN), o sotto il ghiaccio al Polo Sud (al di sotto di tre km di ghiaccio), ma solo come pura strumentazione di rilevazione dei dati. Sono rilevatori di luce, disposti come una sorta di collana di perle, piazzati in verticale sul fondo. Quando interviene una reazione di una particella molto energetica, i rilevatori registrano la luce emessa. In comune con i LNGS hanno la condizione di silenzio cosmico grazie allo scudo offerto dalla materia (acqua e ghiaccio).

Attualmente non è facile visitare i LNGS. Fino a quattro anni fa sono stati aperti al pubblico nei fine settimana, o in giornate di Open Day, con prenotazione della visita a piccoli gruppi fino a un massimo di 50 persone. Dopo la chiusura dovuta alla pandemia non sono stati ancora riaperti al pubblico. Esiste comunque una procedura che prevede la compilazione di un modulo in base alla tipologia di visitatore. Per una visita occasionale è sufficiente fornire un documento di riconoscimento (il passaporto per cittadini extra-UE) al servizio della guardiania e indicare un referente interno. A fine settembre, nell’ambito dell’iniziativa “La Notte Europea dei Ricercatori”, i fisici svolgono attività di divulgazione nel centro della città dell’Aquila. L’attuale Direttore dei LNGS è il prof. Ezio Previtali.





I fortunati che riescono a entrare non dimenticheranno quello che hanno potuto vedere all’interno dei Laboratori, fiore all’occhiello della ricerca mondiale per la fisica astroparticellare.

L’avventura inizia fin dall’ingresso, all'interno del traforo del Gran Sasso. L’atmosfera rarefatta, il silenzio e il vago senso di oppressione dato dal trovarsi nel ventre della montagna, creano un’atmosfera da film di fantascienza. È obbligatorio l’uso del casco, in galleria si adottano le stesse regole dei cantieri. Tecnici e personale amministrativo fanno funzionare i laboratori, ma il cuore sono gli scienziati e i ricercatori provenienti dalle istituzioni internazionali più prestigiose, protagonisti di esperimenti all’avanguardia.

Gli specialisti che si alternavano in un anno a seconda degli esperimenti, nel periodo precedente la pandemia, erano circa un migliaio, di cui la metà italiani. Oggi si registra una ripresa delle presenze successivamente alla pandemia e permangono le collaborazioni esterne anche con ricercatori ucraini o russi, in essere prima della guerra.





La parte sotterranea dei laboratori - ci accompagna un cortese ricercatore, Riccardo Biondi - è costituita da tre sale: A, B e C, ciascuna lunga cento metri, larga venti e alta diciotto. 180.000 metri cubi di spazio, con una temperatura costante intorno ai 6-7 gradi centigradi con un’umidità del 100% a causa delle grandi quantità d’acqua presenti all’interno del Gran Sasso. Per ottenere una climatizzazione ottimale per le attività, le sale sono impermeabilizzate e coibentate, climatizzate e isolate da qualunque elemento di disturbo. La configurazione dei locali sotterranei permette di ospitare esperimenti di grandi dimensioni e le sale sperimentali sono orientate in modo che siano allineate con i laboratori svizzeri del CERN (l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare istituita nel 1954 a Ginevra da dodici Paesi europei tra cui l’Italia.)



Procedendo attraverso i corridoi di collegamento, si incontra una bacheca che custodisce dei lingotti di piombo ritrovati all’interno di un relitto del I secolo a.C. naufragato vicino ad Oristano, in Sardegna, e rimasto in fondo al mare per circa 2000 anni. Questa condizione ha contribuito a far sì che il piombo perdesse completamente la sua componente radioattiva.

All’inizio degli anni ’90 furono recuperati quasi un migliaio di lingotti di piombo, circa 33 kg l’uno, in uno sforzo congiunto tra fisici ed archeologi, grazie a un accordo tra l'INFN e la Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano. Per circa 300 di essi è stata autorizzata la fusione per l'utilizzo negli esperimenti di fisica nei LNGS. La parte superiore di questi lingotti, che ha il marchio della ditta romana produttrice, è stata asportata e consegnata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Il piombo è un elemento fondamentale nel cosiddetto esperimento CUORE, che funziona a temperature criogeniche, per creare un ambiente puro dal punto di vista radioattivo. Questo rivelatore, infatti, è costituito da parti in rame e protetto da tre schermature di piombo, due installate all’interno e una all’esterno del criostato; una delle due interne è realizzata con l’antico piombo romano.





Nel 2012 è nato all’Aquila il Gran Sasso Science Institute (GSSI), una scuola di alta formazione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che per quattro anni è stata collegata all’INFN e ai laboratori nazionali del Gran Sasso. Recentemente la scuola è diventata un’università autonoma, mantenendo la collaborazione con i LNGS.

Nel condurre gli esperimenti, nei laboratori si sviluppano tecnologie di avanguardia che, seppur pensate e sviluppate per la ricerca fondamentale, producono ricadute di grande utilità sociale. Per citare alcuni esempi, in ambito medico (nella medicina nucleare), nel calcolo, nelle applicazioni industriali, nella biologia, nella chimica e nella geofisica.

(Laboratori Nazionali del Gran Sasso
Via G. Acitelli, 22 - Assergi (AQ)
www.lngs.infn.it






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