Ci sono molti motivi per non fare una guerra. Uno di questi è anche un motivo per farla. Non fate l’errore di credere che la vita umana, la distruzione di ogni cosa o le sofferenze inflitte c’entrino. È la mancanza di denaro. E come ogni guerra ha un vincitore, le guerre in corso oggi potrebbero avere un vincitore che renderebbe la persona una specie di “Re del Mondo”. La matematica della guerra può essere a volte atroce. Capita che per vincere una battaglia bisogni perderne un’altra. Si sacrificano territori conquistati o vite umane per un obiettivo più importante. Nonostante le centinaia di droni e missili di intercettazione lanciati da Israele, molti lanci iraniani sono riusciti ad eluderli e a colpire obiettivi civili e non. È molto probabile però che qualche obiettivo venga centrato più per calcolo che per capacità di elusione, ed è un calcolo di quanto costa impedire che venga centrato. Quel sacrificio a cui si accennava pocanzi.

Premesso che al momento non ci sia nulla che possa intercettare un missile ipersonico (quelli che viaggiano a circa cinque volte la velocità del suono di 1.260 km l’ora) a meno che non si abbia il tempo per individuarlo, intercettarlo e poi abbatterlo, costruire un mezzo che lo possa fare costerebbe più del missile che si vuole abbattere. Paradossalmente, difendersi costa di più che aggredire. (Una lezione che l’Europa dovrebbe imparare…) Il “Wall Street Journal” ha stimato che i missili di intercettazione lanciati da Israele costino circa 200 milioni di dollari al giorno. Ha stimato anche che ogni obiettivo centrato dall’Iran crea danni (evidentemente al netto delle vite umane) per circa 400 milioni di dollari. A conti fatti, un mese di siffatta guerra arriverebbe a costare circa 12 miliardi di dollari. Che vanno aggiunti a quanto costi ad Israele ogni giorno di guerriglia nella Striscia, che vanno aggiunti a quanto già speso dall’inizio della guerra corrente.

I numeri sono paurosi. L’Iran ha lanciato centinaia di missili ogni tornata e considerando i centri colpiti molti di questi erano gli ipersonici Fattah, oltre ai missili balistici. E in risposta Israele ne ha lanciati altrettanti. Oltre a migliaia di droni. L’Institute for National Security Studies di Tel-Aviv ha stimato che ogni volta che la difesa di intercettazione viene attivata per droni o missili convenzionali vengono inviati 2 mezzi di intercettazione dal costo di $700.000. I missili Arrow 3, usati per abbattere i missili balistici a lungo raggio, costano $4 milioni ciascuno e gli Arrow 2, una versione più vecchia, costa $3 milioni. Il costo è quindi sicuramente un problema, ma forse il problema maggiore non è tanto il costo quanto la disponibilità. Per rispondere a un attacco di 100 missili, occorrono molto più di 100 missili di intercettazione. Ecco perché difendersi costa più che attaccare. E l’Iran l’ha capito. La guerra con l’Iran non è la stessa guerra che nella Striscia. Sotto attacco sono anche le città israeliane e il costo in vite e strutture civili danneggiate rischia di salire a un ritmo vertiginoso. Anche gli USA ne sanno qualcosa e anche il loro conto della spesa continua a salire. E salgono anche i rischi per la propria Sicurezza Nazionale.

Le recenti “scaramucce” con gli Houthi sono costate milioni agli USA. I ribelli Houthi sono riusciti ad abbattere alcuni droni milionari ma - confermato dal Vice Ammiraglio Brendan McLane, comandante delle forze di terra della Marina americana - gli USA hanno lanciato 220 missili e 160 ogive nel corso di 380 scontri a fuoco. I missili SM-2, SM-3 e SM-6 partono da $2 milioni (modello base) e arrivano fino a $28 milioni (full optional!). Il calcolo veloce porta la conta a oltre $500 milioni, senza considerare il costo dei missili lanciati su obiettivi di terra per cui sono stati usati missili Tomahawk. Vista la fonte, c’è da crederci. Però lanciare un missile costoso per abbattere un drone è come il noto detto “sparare a un passerotto con un cannone”; ma è, purtroppo, necessario visto i danni che anche un drone “low cost” riesce ad infliggere. Questa equazione implica che paesi poveri possono guerreggiare anche spendendo poco, mentre i paesi ricchi sono obbligati a spendere molto. Specie quando i possibili obiettivi sono molto numerosi.
Non solo ogni deposito di armi, silos di carburanti, piste per gli aerei o basi di lancio entrano nel mirino ma anche città intere. A questi obiettivi vanno aggiunti i singoli droni, i caccia in volo, navi da guerra in mare e, ovviamente, ogni missile in aria. Ma il tempo esaurisce le scorte. Quanti sono i missili che l’Iran ha da lanciare? Nonostante gli embargo, le casse del paese non sono né vuote né vicine all’esserlo. Probabilmente ne avrebbee da lanciare ogni giorno per settimane. E se dovesse decidere di farlo, quasi non importa se raggiungono gli obiettivi. È proprio l’obiettivo che è cambiato: le casse dello Stato. L’Iran lancia un missile da $1 milione, Israele ne lancia due da $4 milioni di dollari. Sono numeri molto importanti che singoli paesi e anche gruppi di paesi fanno fatica a sopportare per lunghi periodi. Altro che 5% del PIL (come esige Trump agli alleati della NATO). Per questo, il danno maggiore che gli attacchi in Iran possano creare (oltre alla fuga di sostanze radioattive) è una crisi economica mondiale.

Non a caso tutti provano a scongiurare la chiusura dello stretto di Hormuz. E la cosa curiosa è che una superpotenza nemmeno coinvolta in alcuna guerra è tra i paesi che ne potrebbero soffrire: la Cina, ormai il maggiore importatore di petrolio iraniano. Ma ecco la svolta. Persino il Pentagono è in uno stato di allerta per via della dipendenza della difesa americana dalla Cina. Uno dei maggiori fornitori del Pentagono è la società Boeing, verso cui la Cina ha posto ogni veto commerciale possibile per le componenti necessarie alla costruzione di velivoli e di armi. La catena di approvvigionamento per le formule di leghe speciali, per le schede di microchip e di migliaia di componenti per uso militare sono sotto il controllo della Cina. Ogni missile lanciato o aereo caccia abbattuto non può quindi essere rimpiazzato finché la Cina non solleva le proibizioni commerciali che vietano la vendita di metalli o altri componenti ai fornitori della Difesa americana. Trump avrà anche un paese da ricostruire; Putin un paese da conquistare; Netanyahu un paese da difendere e l’Ayatollah Ali Khamenei un paese da vendicare. Ma Xi JinPing è il Re del Mondo. Ne decide le sorti.